E’ un dubbio che sorge spontaneo alla luce di quanto sta accadendo in queste ultime giornate di campionato.

Davvero è inutile lamentarsi di una squadra che conquista punti su punti ed è cinica di fronte agli avversari, ma che non brilla certo per mole di gioco prodotto? Un Palermo che concede poco alle squadre o che comunque sa difendersi con ordine e che ieri a fronte di un’assenza importante come quella di Crivello ha visto infatti ballare un po’ la sua difesa nonostante l’ottima prestazione di Peretti, sicuro in area nonché goleador della squadra.

Non è un caso che proprio ieri siano arrivati ben due gol, quando in tutto il campionato la porta di Pelagotti ne aveva subiti altrettanti in trasferta. Frutto forse di un gioco arrembante della Cittanovese che non voleva piegarsi alla potenza del Palermo che ha saputo sfruttare gli episodi e i momenti giusti della gara e si sapeva che su questo si sarebbe giocato l’intero match.

Nel gioco del calcio contano i campionati vinti, le vittorie prestigiose ottenute, forse qualche record da inserire in bacheca e sciorinare di tanto in tanto… raramente si annoverano giocate di singoli o grandi giocatori anche se quelli forse rimangono più impressi nella mente dei tifosi. Ma se ad essi non fossero legati successi, vittorie e prestigio avrebbero lo stesso risalto? 

Quindi forse è inutile illuderci, nel calcio il risultato conta più di qualsiasi altra cosa! Il gesto tecnico magari colpisce, il bel gioco impressiona ma se non è legato ai risultati, le belle parole sul bel gioco rimangono tali.

E’ normale che i tifosi vorrebbero vedere entrambe le cose, è il sogno di tutti: forse siamo stati ben abituati ai momenti di gloria in cui era comune vedere esplodere un campione, giocare delle ottime partite e vincere e stravincere senza soffrire in campionati in cui però la tecnica doveva anche fare da padrone.

Svegliamoci un po’: siamo in serie D, abbiamo anche giocatori tecnici come Felici, Floriano, Ficarrotta che escono con il loro estro delle giocate delle azioni simili, solo che a volte vengono oscurati da tanta mediocrità, da tanto agonismo che in questa categoria deve fare da padrone.

E forse al Palermo è mancato questo a volte: e si è visto però ieri.

La voglia di ottenere il risultato a tutti i costi, senza se e senza ma, perché è questo che fa anche una grande squadra: lotta fino a quando l’arbitro non decreta la fine della partita.

Ci sono tifosi che hanno giustamente paura dopo anni in cui il Palermo ha dilapidato vantaggi immensi che a tutto questo corrisponda un’altra illusione, perché il gioco espresso dagli uomini di Pergolizzi non rassicura e non conforta, e parte della tifoseria è così schierata.

Il Palermo adesso è atteso, come ogni gara, ad altre sfide cruciali, quella di ieri è stato un primo test. Sette punti non sono tanti e neppure pochi. Se il buon gioco non conforta, per ora accontentiamoci del cinismo, di giocatori ritrovati e valorizzati come Peretti e Langella e di una tifoseria che deve essere compatta per un finale di stagione che non accetta alibi o scusanti: tutti al Barbera, non ci sono santi che tengano.

In un calcio fatto di statistiche e dati, il Palermo è una squadra da record. Stando però a quanto dice il cuore e il tifo, guardiamo a quelle 10.446 aquile che si sono fidate al buio, a quelle presenze al Barbera da record assoluto, a quell’unione tra squadra e tifosi rinsaldata. A quei risultati che confermano la forza di una squadra in un campionato ostico che vive di freddezza, cinismo e alla spietatezza dei singoli.

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