Campi erba sintetica

“Mai rinnegare il passato”. Chi ha detto questa stupidaggine? Non lo so, per il momento la dico io, poi in futuro qualcuno la prenda pure ad esempio, non si sa mai. “Passato”, come possiamo permetterci di definirlo ormai da qualche ora, visto che la serie D resta ormai un ricordo…Bello? Bisogna fermarsi un attimino prima di accostare un aggettivo a ciò che è stato vissuto in questi mesi travagliati e forse, bisogna aggrapparsi anche ad un po’ di sana filosofia.

Brutta, triste, noiosa. Sarebbero questi gli aggettivi che tutti useremmo se ci fermassimo ad una valutazione approssimativa della stagione. Ma io vi dico che qualcosa di bello c’è stato in questo anno, qualcosa che ha fortificato tutti, non soltanto i tifosi. Anche noi addetti ai lavori abbiamo dovuto spesso confrontarci con realtà rivedibili, con campi non certo straordinari già soltanto a guardarli dall’esterno, figuriamoci a praticarli (poveri calciatori). Eppure, abbiamo portato via da questa categoria tante emozioni nel nostro bagaglio lavorativo, passionale, culturale. Ne sono convinto. La D ci ha insegnato che ripartire può essere faticoso, ma non impossibile, ha insegnato l’umiltà (la base del successo) del lavoro. E’ facile avere passione per questo sport a San siro o all’Allianz Stadium, un po’ meno nella metropoli “Pratola Serra” in una zona non eccelsa della Campania (soltanto per citarne una). Allora aggiungo che la quarta serie ha insegnato o meglio confermato, che c’è ancora chi questo meraviglioso sport da un lato,o lavoro dall’altro, lo pratica per passione (come sempre noi e i colleghi abbiamo fatto), non per altro. E molti tra i calciatori questo lo hanno dimostrato.

Eravamo a Biancavilla, allo stadio “Orazio Raiti” e ci apprestavamo a lavorare, commentare e infine informare voi lettori, dentro una partita che a nostro modo, volevamo rendere “graziosa”. Forse ci siamo pure riusciti, ma adesso che è finito tutto lo posso dire: Quel match non caricava, non dava adrenalina, per tanti motivi che in molti possono immaginare se ricordano quella giornata (aldilà del bel risultato finale). Mi girai da un collega e dissi (forse per trovarla dentro di me quella voglia): “Un giorno ricorderemo questi momenti, un giorno potremmo dire di esserci stati”. Questa è la frase che oggi si faceva spazio nella mia testa e per la quale ho trovato l’ispirazione giusta per scrivere queste poche righe. Un giorno potremmo dire di esserci stati, di esserci fatti “le ossa” come si suole dire. Di esserci comportati come un giovane che inizialmente si allena nel fango e non in un curatissimo prato verde e che poi chissà, non crede ai suoi occhi per quello che ha intorno.

Sentire le urla dei calciatori, sentire alcuni dialoghi tra loro, il rumore del pallone che mai è stato così “reale” e infine, poter toccare anche con mano quell’erba “appassita” dei campi, è stato unico. E per sempre lo sarà. Il passato non si rinnega mai, il futuro va vissuto, con la  voglia di farlo diventare un bel ricordo. Forse sembrerò pazzo, ma ringrazio la serie D per averci regalato un po’ di sana ignoranza e averci fatto esplorare luoghi che poi in fondo, sono la culla di questo meraviglioso “gioco”.

 

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