
Mascara: “Gol al Palermo fu puro istinto. Zenga mi diede del pazzo”
L’ex Catania, Giuseppe Mascara ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport, raccontando aneddoti sulla sua carriera. Il fantasista siciliano, oggi allenatore della Primavera del Novara, è anche ritornato sul suo iconico gol segnato da centrocampo nel derby del 2009 vinto dagli etnei per 4-0. Ecco di seguito le sue parole
Mascara sul suo gol al Palermo
“Sarei un bugiardo se dicessi che avevo visto Amelia fuori dai pali e che avevo calcolato di tirare così. Calciai d’istinto, senza pensarci e venne fuori una parabola impressionante. Zenga, il nostro allenatore, mi disse che soltanto un pazzo come me poteva tentare certi colpi”.
La sua storia e i sacrifici: “Mio padre lavorava nella Comiso degli anni Ottanta. In paese teneva banco la questione dei missili nella base americana, le proteste eccetera. La tecnica la sviluppavo d’estata sulla sabbia a Marina di Ragusa. Partecipavo ai tornei di beach soccer e lì imparai ad alzare il pallone e calciare prima che toccasse terra. Vivevo il calcio come un divertimento. Quando giocavo volevo divertirmi. Sapevo che se mi fossi divertito io, si sarebbero divertiti i tifosi della mia squadra, anche se sulla fascia dovevo correre per gli equilibri tattici“.
Gli allenatori a cui si ispira
Su Zeman e i suoi metodi: “Modulo? Il 4-3-3 che ho imparato da Zeman e da Pasquale Marino. L’ho avuto per poco tempo alla Salernitana, ma mi ha lasciato un’impronta per il gioco e per la gestione dello spogliatoi e degli allenamenti. Era schietto e diretto, meticoloso nelle spiegazioni.”
“Oggi sarebbero impensabili. Mi sento zemaniano ma a modo mio, in maniera rivisitata. Che fumasse troppo era un fatto. Ogni giorno ci faceva entrare uno ad uno nella sala della bilancia per pesarci e e ogni volta lì dentro c’era la puzza delle sue sigarette. Gli vorrò sempre bene, mi auguro che stia meglio“.
Su Mihajlovic: “Grande spessore. Burbero fuori, buono dentro. Alla fine dell’allenamento del venerdì ci sfidavamo sulle punizioni. Lui era un fenomeno, ma ogni tanto mi faceva vincere per tenermi su di morale. Durante la sua malattia ci siamo scambiati tanti messaggi“.
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