Correva l’anno 2014,  il Palermo militava in serie B, mentre gli eterni rivali del Catania annaspavano in serie A. La squadra rosanero, capolista del campionato cadetto, macinava record su record e si avviava  a concludere trionfalmente la stagione con una strepitosa promozione che, per qualche tempo, tornava ad illudere i tifosi rosanero.

Il Catania perennemente ultimo in classifica vedeva invece avvicinarsi sempre di più lo spettro della retrocessione. Il 18 aprile 2014, intervistato dal quotidiano “La Sicilia”, l’allora presidente rossoazzurro, Nino Pulvirenti, dichiarava:
Non faremo la fine del Palermo. La situazione è difficile e questo è sotto gli occhi di tutti, ma prima di parlare di queste cose io credo che sia doveroso aspettare. Una volta che saremo al completo le cose cambieranno: questo gruppo ha grandi qualità tecniche e morali che permetteranno di abbandonare questa posizione di stallo.  Noi non siamo retrocessi, non ci sentiamo da Serie B e ce la giocheremo fino alla fine. Non voglio sentire parlare di Serie B. In ogni caso, se dovesse succedere, pazienza”.

Quello che poi invece accadde lo sappiamo bene: il Catania ultimo in classifica non solo non poté evitare la retrocessione, ma l’anno successivo fu addirittura catapultato in serie C a seguito dello scandalo denominato “I treni del gol” che travolse la società catanese e lo stesso Pulvirenti che venne arrestato.

Da allora il Catania calcio non è più riuscito a riemergere dalla palude della serie C, mentre l’U.S. Città di Palermo di Maurizio Zamparini, dopo una buona stagione in serie A, fu nuovamente retrocesso, per poi concludere lo scorso anno, in maniera drammatica, la sua storia sportiva.

Non vogliamo ricordare la gestione dissennata di Zamparini, né le bugie e le nefandezze perpetrate dai Tuttolomondo, Lucchesi, la De Angeli e da tutti coloro che a vario titolo sono stati complici di un omicidio calcistico più o meno premeditato. Non vogliamo farlo, perché fa ancora troppo male ricordare come un’intera città è stata atrocemente beffata da avventurieri senza scrupolo e privi di qualsiasi senso morale.

Palermo calcistica però non si è arresa al suo triste destino e quando Dario Mirri, con un grande gesto d’amore, ha deciso di dare vita ad una nuova società, i tifosi rosanero hanno risposto con altrettanto entusiastico amore alla sua chiamata.

Siamo ripartiti dalla serie D, ma i tifosi rosanero hanno dimostrato di essere una tifoseria da champions. Tutto il mondo ha ammirato questi tifosi straordinari che non hanno mai abbandonato la loro squadra del cuore. E così, come l’araba fenicia, il calcio a Palermo è risorto dalle sue ceneri, ripartendo umilmente dal gradino più basso, ma con un progetto tecnico vincente e convicente e soprattutto di lunga durata.

Oggi il Catania calcio ripercorre la stessa, identica sorte dei cugini palermitani. I suoi tifosi sono spettatori inermi di una sceneggiata triste ed avvilente. I tifosi rosanero capiscono perfettamente il dolore che si prova, perché quando fallisce una società di calcio, a pagare sono sempre i tifosi. Ad essere colpita è la passione della gente, unico vero motore che alimenta questo mondo.

E fa sorridere pensare che anche a Catania nei mesi scorsi aveva fatto capolino Raffaello Follieri. A Palermo lo conoscono bene, sia lui che i suoi millantati milioni di euro. Eppure a Catania qualcuno ci ha creduto. Forse la forza della disperazione induce a vedere l’oro laddove c’è solo il piombo. Ci si aspettava in verità che a Catania arrivasse anche Salvatore Tuttolomondo o Lucchesi, come medico curante al capezzale del moribondo. Di solito dove c’è un cadavere, si radunano gli avvoltoi. Ma forse il fallimento dell’U.S Città di Palermo è troppo recente per indurre certi personaggi ad una sovraesposizione.

Il 25 maggio, il Tribunale di Catania deciderà sull’Istanza di fallimento presentata dalla Procura. Ma nessuno a Palermo gioisce. Certo, a volte è inevitabile ripensare allo scherno di alcuni giornalisti catanesi estasiati davanti le 20.000 B esposte al Massimino durante l’ultimo derby di serie A del 2013. O ripensare appunto alle parole profetiche di Pulvirenti quando si vantava che il suo Catania non avrebbe fatto la fine del Palermo calcio.

Ma in un momento storico nel quale la Sicilia politicamente ha toccato il punto più basso della sua storia, sarebbe inutile e stupido. Soprattutto sarebbe una rivincita che non serve a nulla. Palermo si augura, invece, che anche Catania possa trovare un “Mirri catanese” per poter rinascere al più presto dalle sue ceneri, così ha fatto Palermo. Per ricominciare a scrivere nuovamente gloriose pagine di calcio e con la speranza di rivedere di nuovo in un campo in serie A “Palermo- Catania”, unico vero derby di Sicilia.

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