Nelle scorse ore a Palermo gli operatori del 118 hanno avuto una sorpresa negativa. Dalla Cina sono arrivate tute e mascherine per fronteggiare il contagio da coronavirus ma con le istruzioni esclusivamente in lingua cinese. Nei giorni scorsi sono arrivati i DPI, i dispositivi di protezione individuale, e di conseguenza è arrivata la segnalazione di rifornire le centrali SEUS (Sicilia emergenza-urgenza sanitaria). Al momento della consegna ci sono stati molti dubbi che hanno rallentato le operazioni.

La SEUS si è rivolta all’assessorato con una nota: “Non siamo in grado di definire il grado di protezione che gli stessi offrono poiché le specifiche tecniche sono in lingua cinese ed inoltre risulta assente la grafica internazionale sulla classificazione di categoria. Avendoli tuttavia ricevuti per il tramite di codesto spettabile assessorato, la Seus li ritiene idonei a seguito della Vostra precedente valutazione e pertanto li porrà immediatamente in uso al proprio personale”.

Lo SNAMI, il sindacato nazionale autonomo dei medici italiani si è fatto portavoce dello smarrimento del personale con una lettera inviata all’assessore alla Salute, Ruggero Razza, al presidente della Regione, Nello Musumeci, e al presidente dell’Ordine regionale dei medici, Toti Amato: “Siamo venuti a conoscenza per vie ufficiose di uno scambio epistolare tra la Seus e la dirigente generale del dipartimento per le Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico riguardo i Dpi forniti alle centrali operative siciliane in questi giorni. In una delle lettere si  legge ‘la scrivente Seus non è in grado di definire il grado di protezione che gli stessi offrono poiché le specifiche tecniche sono in lingua cinese ed inoltre risulta assente la grafica internazionale sulla classificazione di categoria. Queste affermazioni hanno creato grandissima preoccupazione tra i medici operanti sul territorio. Siamo consapevoli che l’Istituto superiore di sanità, che dovrebbe supervisionare e dirigere la gestione della pandemia, sui dispositivi di protezione individuale è stato disorientato dalle posizioni dell’Oms. Questa ha infatti cambiato in piena pandemia le indicazioni sull’utilizzo delle maschere filtranti: le ultime evidenze hanno dimostrato che le maschere chirurgiche risultano inadatte a proteggere gli operatori sanitari. Tutto ciò ha verosimilmente influenzato anche le Regioni. Quanto sopra descritto viene aggravato dalla mancata certificazione su ogni Dpi distribuito o di chiare schede tecniche dei prodotti. In atto, i colleghi segnalano la distribuzione di tute non di categoria III e mascherine distribuite con l’avvertenza ‘non sono idonee all’uso ravvicinato in ambulanza per manovre rianimatorie. I medici del 118 sono spesso i primi a entrare in contatto con casi di Covid-19, intervenendo anche in situazioni drammatiche per salvare la vita dei pazienti con manovre rianimatorie estreme e non sempre prevedibili dalle centrali operative”.

Il sindacato poi rilancia e denuncia “velate minacce con risvolti penali subite dai medici che rifiutano interventi perchè senza o non idonei dispositivi di protezione. La caratteristica che accomuna tutti i medici è quella di tutelare la salute! In una situazione emergenziale come quella attuale tutti i pazienti sono da considerare potenzialmente Covid-19 positivi, quindi i nostri operatori sanitari vanno protetti con Dpi idonei dall’inizio di ogni servizio. A nostro avviso tutto ciò, oltre a violare le procedure codificate a livello internazionale mettendo a repentaglio la salute pubblica, è una mortificazione per una categoria che mette a rischio la propria incolumità ogni giorno, senza indennità e senza indugi. Vogliamo chiarimenti ufficiali, altrimenti saremo costretti a darne notizia all’autorità giudiziaria competente”.

 

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