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Un girone di ritorno da incubo, che ricalca in maniera sinistra quello dello scorso anno, quando il Palermo allenato da Bruno Tedino, dilapidò in maniera scriteriata il vantaggio accumulato all’andata, facendosi scavalcare in vetta alla classifica dall’Empoli, che da quel momento in poi conservò fino alla fine il primato, e poi dal Parma, fino a perdere in modo assurdo la finale dei playoff contro il Frosinone.

Adesso cambiano i soggetti, ma lo scenario sembra essere lo stesso. Campione d’inverno con 37 punti, la squadra rosanero dalla ripresa del campionato si è arenata, consentendo dapprima il sorpasso del Brescia, poi dopo 7 giornate anche quello del Benevento. Con la pesante batosta di ieri il Palermo è scivolato al terzo posto fermo a 42 punti, dietro a Benevento a quota 43 ed a Brescia che resta solitario al 1° posto con 47 punti.

Se si guarda ai numeri c’è davvero poco per stare allegri. Il 18 gennaio, alla 20ª giornata, il Palermo vantava 2 lunghezze di vantaggio sul Brescia, ben 7 sul Benevento. Significa dunque che in queste prime 7 giornate la squadra lombarda ha conquistato 12 punti, addirittura 13 la squadra campana contro gli appena 5 del Palermo, che rispetto alla prima parte della stagione sembra avere perso totalmente grinta, cattiveria agonistica e mentalità vincente. Una gruppo totalmente involuto, se si esclude l’acuto di Perugia e la prestazione vista in casa contro il Brescia.

Le ben note vicende societarie certamente non aiutano, il Palermo naviga a vista, sul club aleggia lo spettro del fallimento, nonostante la dichiarata volontà espressa da Foschi di voler cedere la società. La penalizzazione evitata a febbraio da Dario Mirri, grazie al contratto di sponsorizzazione, sembra non bastare, nuove ingiunzioni di pagamento da parte dei procuratori fioccano come neve in pieno inverno sulla società. I botta e risposta a suon di comunicati fra l’attuale presidente e la famiglia Mirri avvelenano ancor di più l’ambiente. Ed in molte dichiarazioni di Foschi sembra di risentire l’eco dell’artefice di un disastro calcistico annunciato da tempo. Il teatrino messo in scena con gli inglesi ha ricalcato in maniera ancora più grottesca quello già visto con Baccaglini, storie trite e ritrite, terreno fertile per alcuni tuttologi dei social che difendevano a spada tratta Facile e company per poi ritornare alla velocità della luce sul carro di chi nutriva sani e ragionevoli dubbi su una cessione che a definire strana è puro eufemismo.
La realtà, purtroppo, è talmente lapalissiana da restare paradossalmente occulta davanti a chi non vuole vedere. Al di là della debacle assurda contro un più che modesto Crotone, resta l’amarezza del declino amaro ed inglorioso di un club che pur senza conquistare scudetti o coppe, in questi ultimi 15 anni aveva fatto sognare.

Un vero peccato, i tifosi in uno slancio d’amore vero ed appassionato si erano riavvicinati alla squadra. Dopo lo sfogo di Bellusci il popolo rosanero aveva raccolto l’appello “tutti al Barbera” e restiamo “tutti uniti verso un unico obiettivo”. Qualcosa però comincia a non tornare, la gara dello Scida è un segnale molto pericoloso, un campanello d’allarme da non sottovalutare. E’ meglio non ripetere gli errori di zampariniana memoria, meglio fare chiarezza e parlare con sincerità ai palermitani che sanno capire le difficoltà e stupidi non sono.

Uniti si può lottare è vero, ma per farlo è necessario che ognuno faccia la propria parte e che soprattutto il Palermo non tradisca sé stesso

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