Da Via Libertà al Cassaro, dal Giardino Inglese alla spiaggia di Capaci, Cosa avrà voluto dire il poeta?” è l’ultimo cortometraggio nato dalle menti del giovane regista palermitano Giulio Gulizzi e dal gruppo – di cui egli è anche fondatore – della Lupucuvio film.

Le parole di Gulizzi sul cortometraggio 

Un progetto che nasce nella primavera del 2021 ‘’con l’intento – dice Gulizzi di scontentare tutti’’. Un cortometraggio che riflette sul panorama culturale palermitano odierno. L’idea in fase embrionale, però, nasce con l’intento di realizzare un lungometraggio. Da qui l’abilità del giovane regista palermitano: mantenere i due progetti in due binari paralleli, vicini ma al contempo diversi, slegati. ‘’E’ stato interessante farlo. Il corto percorre davvero un percorso parallelo. La sceneggiatura del lungometraggio è pronta, mentre per il corto è stato fondamentale il lavoro di immaginazione, di improvvisazione. Il film è completamente un’altra cosa: si parla più di un’avventura, in stile documentaristico. Un’avventura che può portare nell’oblio o può fare emergere qualcosa. Già il titolo racchiude il sentimento del film. E’ anche un po’ una presa in giro, una presa in giro di un certo tipo di approccio accademico. In realtà è anche una domanda, che lo spettatore si può porre a fine film’’.

Gulizzi ha scelto di raccontare e dar voce alla cultura umanistica e alla poesia, attraverso un giovane poeta siciliano, Enrico Ustica, protagonista del cortometraggio e del prossimo film. Le origini dell’idea di questa storia sono un po’ scollegate. L’idea nasce proprio dall’incontro con Enrico in zona rossa due anni fa e da come lui mi ha fatto avvicinare alla poesia. Io leggevo tanti romanzi, ma poca poesia. Conversando con lui mi si è aperto un mondo. A me interessava la figura di Enrico; lui in toto con le sue opinioni, le sue poesie, il suo modo di parlare e di stare in scena in questa forma di documentario anni ’70’’. In una Palermo frenetica e con una fotografia a tratti barocca, il giovane regista palermitano ha scelto di realizzare il cortometraggio senza una stesura completa delle sceneggiatura. Un confronto continuo con il protagonista, ma massima libertà di dialogo a quest’ultimo: Ci sono stati dei confronti prima delle riprese, anche se lui andava sempre molto libero. Io conosco bene Enrico, e so come può rispondere a certe domande o punzecchiamenti. Dalle sue risposte dietro le quinte io spesso cambiavo le domande, per portarlo un po’ dove volevo io. C’è sempre un lavoro di improvvisazione in questo corto, ma sempre di comune accordo con lui’’.

Il poeta camminando, per le strade della città, tra la lettura di versi di Pablo Neruda, Prevert e Marco Aurelio sostiene che nel capoluogo siciliano si punta oggi molto poco nella cultura e nella poesia. Secondo me non si punta poco – sostiene invece Gulizzi –, ma si punta nel modo sbagliato. Tutto ciò che viene fatto di valorizzazione di un patrimonio è un alimentare, un cimitero a cielo aperto. Dovrebbe essere la base per valorizzare quello che c’è di vivo. Tutto quello che si fa spesso è un riesumare qualcosa di morto. A Palermo e in Sicilia, il fatto che si debba portare avanti solo ciò che è locale e palermitano, fa sì che ci perdiamo tanto. Perché la poesia? Perché forse è proprio vero – come dice il poeta nel documentario – che quest’ultima ci consente di respirare: ‘’Sono d’accordo. Non mi esprimerei così, come Enrico, ma condivido. Per come la vivo io, la poesia è sempre un ribaltamento di un punto di vista. Fondamentale anche legarla al cinema. Spero che dei pezzi del corto possano essere un ribaltamento di un determinato punto di vista.”

Il cortometraggio si apre con un espediente di un cinema hollywoodiano anni ’70, il giornale, (in questo caso il Giornale di Sicilia e non il NewYork Times) che rotola per le strade della città, l’unico a notare i fogli rotolare è proprio il poeta che raccoglie lo sfortunato e lo porterà con se sottobraccio durante tutto il corto. “Ho scelto il Giornale di Sicilia per caratterizzare il luogo. Questo inizio del corto è per certi versi molto hollywoodiano: quando c’era enorme attenzione alla stampa cartacea. Quando ad esempio nelle città volavano tra le strade i pacchi di giornali. Volevo un po’ riproporre quell’immagine lì. Enrico Ustica porta con sé il giornale perché lui ci tiene veramente. Tiene alla cultura, all’informazione e crede in quello che fa. E’ una coscienza civile, sviluppata, che fa parte di lui’’.

La distribuzione e le proiezioni nei festival stanno portando gratificanti successi e dal 19 gennaio sarà possibile visionare il cortometraggio presso l’applicazione – disponibile per Android – Arte Atelier: Sta andando molto bene. Noi della Lupucuvio facciamo dei tipi di lavori che non sono tanto da festival, o almeno per un certo tipo di festival. In questi festival spesso con il cortometraggio o dai sfoggio tecnico di qualcosa, o rischi di non essere molto apprezzato. Questo corto invece sta andando molto bene. Di recente a Milano, al Vertigo film festival, ha avuto grande successo e ampie discussioni a riguardo. Ma non sta andando bene soltanto in Italia, anche a Parigi o New York, in quest’ultima abbiamo vinto anche la menzione d’onore’’.

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