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Dario Saric si è presentato oggi in conferenza stampa ai suoi nuovi tifosi. Il centrocampista ha parlato delle prime impressioni sulla città e dell’appoggio della sua famiglia. Poi anche qualche nozione sulla sua attitudine tattica e la necessità di creare gruppo quanto prima per totalizzare più punti possibili. 

Le dichiarazioni di Saric in sala stampa

Dario Saric ammette che serve tempo per creare gruppo, ma non nasconde le sue ambizioni: “Siamo nuovi e ci vuole tempo, anche se non c’è. Ma lavorandoci stiamo puntando a creare l’unione, sappiamo anche di rappresentare una società e una città importante. Quindi vogliamo mantenere le aspettative e poi raggiungere l’obiettivo. Per qualsiasi giocatore, quando ti fanno capire la voglia di volerti in squadra è un incentivo forte. Ho ricevuto anche tantissimi messaggi dai tifosi. I tempi purtroppo non dipendevano da me, ma questo mi spinge a far bene. E sul ruolo ha detto: “Ad Ascoli ho giocato anche in centrocampo a due, non mi faccio problemi a cambiare ruolo se c’è bisogno”.

L’appoggio costante della famiglia e la bellezza della città di Palermo: “Anche la mia famiglia verrà a trovarmi presto per assistere ad una partita, loro mi accompagnano sempre. La città è caotica, ma è grande quindi me lo aspettavo. Dal punto di vista della vita sto bene, la città mi piace, così come il mare e continuo a fare le mie passeggiate”.

Saric non ha dubbi sulla forza del centrocampo a disposizione di Corini: “La concorrenza serve e stimola, ed ho dei compagni forti. Segre o Leo, come Damiani e Broh, sono giocatori forti e di qualità e questo è uno stimolo in più a far bene. Io credo che un centrocampo forte in una squadra sia fondamentale”.

Il centrocampista ha poi raccontato senza filtri la storia della sua famiglia e il rapporto con la Nazionale: “La storia della mia famiglia è particolare, dovuta alla guerra degli anni 90. Sono arrivato nel 94, in seguito al ferimento di mio padre. Io sono nato e cresciuto qui, per questo non ho problemi. Ma venendo da una situazione difficile, rimani legato a quei valori e tradizioni: mi sento bosniaco. Perché i miei genitori sono nati lì e hanno lottato per rimanerci. Per me giocare nella nazionale bosniaca sarebbe un onore, lotterei per la nazionale. La voglia e il sentimento di andarci c’è. È un obiettivo della mia carriera, due anni fa sono stato convocato per le amichevoli ma ero infortunato. Per il futuro spero che si realizzi”. 

E su Jajalo infine ha concluso: “Quando sono venuto a giocare contro il Palermo l’ho conosciuto e gli ho anche chiesto la maglia che conservo“.

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