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La solitudine dei numeri uno, Pelagotti abbandonato da… tutti

Sette febbraio 2021, minuto cinque della ripresa, Silvestri spazza poco dentro la sua metà campo e la palla incredibilmente supera Pelagotti che finisce per fare una figura degna di mai dire gol.
Venti settembre 2006, minuto diciannove del secondo tempo del derby Palermo-Catania, Agliardi si abbassa per provare a smorzare con il petto un pallone assolutamente innocuo ma combina una frittata con la palla che termina in rete.

Trovate voi la differenza. Vista così non sembrerebbe essercene alcuna se non che oggi si gioca in C, e allora in A, e che quel 20 settembre il derby il Palermo lo vinse, e anche alla grande, mentre stavolta ha rimediato l’ennesima figuraccia.
Ma la vera unica grande differenza sta nell’atteggiamento della squadra, in quell’essere “famiglia”, “gruppo”, cosa che oggi questo Palermo ha dimostrato di non essere assolutamente. Quel venti settembre Corini e compagni quei ventisei minuti che mancavano alla fine della partita li giocarono prima di tutti per Federico Agliardi, per il loro compagno incappato in un errore che tu portiere rischi di portarti appresso per il resto della carriera.

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Appena tre minuti dopo quel grande uomo, prima che calciatore, che porta il nome di Eugenio Corini realizzò il rigore che permise al Palermo di rimettere la testa avanti. E quale fu il suo primo pensiero? Correre, correre insieme a tutta, tutta ma proprio tutta, la squadra dalla parte opposta per festeggiare con Federico Agliardi quel gol che non era solo “suo” ma prima di tutto era del compagno.

Oggi invece ci sembra proprio che Alberto Pelagotti abbia vissuto la solitudine dei numeri uno, quella solitudine insita nel suo ruolo ma che oggi lo è ancor di più perché non ci sembra abbia ricevuto quella solidarietà che tutta la squadra avrebbe dovuto esprimergli, nell’immediatezza dell’errore e non dopo, anche solo con un buffetto.
Un segnale, anche questo, brutto e preoccupante perché spesso il gruppo aiuta a venir fuori da situazioni difficili. Ed invece oggi la sensazione che si ha dall’esterno, ovviamente speriamo di sbagliarci, è quella di venticinque elementi che indossano, badate bene indossano quando invece dovrebbero “vivere”, sì gli stessi colori ma solo quando vanno in campo.

La solitudine di Alberto Pelagotti oggi fa rumore, un rumore assordante che ahinoi non è quello degli spalti ma quello di un gruppo che tale non ci sembra proprio essere.

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