Quelli del Comune devono essere duri di comprendonio se ancora non hanno capito che nel Palermo, targato Mirri-Sagramola c’è aria nuova, che non ha più nulla da spartire  con quella che circolava sin dai tempi della precedente rinascita, datata 1986.

Contributi, cambio denominazione, sponsorizzazioni una volta seguivano certe strade, così impervie da procedere sul filo del rasoio: la nuova società, invece, vuol agire alla luce del sole, in assoluta e limpida trasparenza. Ovvero, chiedere alla “Cosa Pubblica” solo quello che le spetta di diritto e, di riflesso,  corrisponderle quello che le spetta di dovere. Tutto il resto, se non è abuso, poco ci manca e, comunque, chi la pratica è sicuramente un soggetto “borderline”. Proprio l’opposto di quello che ha mostrato fin qui di essere Dario Mirri, anche al di là del ruolo, come persona: schietta e leale, pane al pane, costi quel che costi anche in termini spiccioli di popolarità. 

D’altronde, essersi accollato un macigno da Sisifo come il Palermo appena fallito per debiti, farlo rinascere da zero, ridargli nome e dignità, non è lieve e salutare come una passeggiata di salute ma un impegno spasmodico, che ti spezza le ali che ti sei appena  appiccicate addosso per la voglia che hai di sognare volando. 

Ebbene, Dario Mirri lo ha fatto, sollevando – io suppongo – se non le ire, le legittime perplessità, i dubbi e le esitazioni di papà Daniele, coinvolto, lui e la sua azienda, leader del settore pubblicità, in un’avventura  irta di insidie e per ciò affascinante, qual è il mondo del calcio, industria del tutto atipica, che più che su razionali parametri economico-finanziari punta su quelli, spesso irrazionali, della partecipazione  emotiva e sentimentale.

Stare a far di conto sulla “rata” da accollare al Palermo per la concessione dello Stadio è quanto meno deprimente: ti do lo Stadio se… . E qui una lunga serie di obblighi, quota a parte da versare, che avvilisce perché non contempla un concetto base fondamentale: il Palermo è della città e come tale dei cittadini, cioè, nella fattispecie, dei tifosi. Se vince il Palermo vince la città, e chi la amministra: correre insieme verso l’obiettivo comune dovrebbe essere un impulso… naturale… E invece, c’è chi semina zizzania e invece di rendere sempre più libera e solare la strada ancora da compiere la dissemina di buche e trabocchetti, presentandoli come “obblighi” imprescindibili. Tipo, tanto per spazzar via ogni malinteso, quello della necessità di “ricalcolo” del prezzo da versare al Comune per la concessione dello Stadio… 

Il nuovo Palermo di Mirri-Sagramola merita rispetto per il coraggio e la trasparenza con cui ha finora proceduto nel perseguire la “missione”  assunta: quella di riportare il Palermo nel posto che gli spetta per storia, cultura e tradizione. Il primo ostacolo, la serie D, un pianeta mai esplorato e, come tale un primo passo davvero arduo, il Nuovo Palermo lo ha superato di slancio: siamo di nuovo nel calcio dei professionisti e il meno che noi palermitani, non solo i tifosi, ci aspettavamo dalla “Cosa Pubblica” era una mano tesa, una spinta per andare sempre avanti. E invece, col calcio vero che ritorna, tornano anche certe vecchie cattive “abitudini” di un passato che speravamo ormai morto e sepolto. Personalmente, però, credo che stavolta non attecchiranno perché a guardia e difesa di una società nuova, libera e sgombra da fatti e misfatti antichi, c’è una dirigenza dal volto pulito, che persegue la via della trasparenza e del rigore. In una parola , del rispetto di sé, del Palermo e dei suoi tifosi. 

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