In un nuovo editoriale apparso su Libero, ad opera di Vittorio Feltri, stavolta i bersagli non sono i “meridionali“: basterebbe questo a far notizia.

Forse il 2 Giugno, festa della Repubblica Italiana, ha regalato una sorta di patriottismo o difesa di italianità, no nemmeno questa è la ragione.

Il motivo scatenante è spiegato nel cappello introduttivo dell’articolo di Feltri che dice: “Atene annuncia di non voler ospitare i turisti provenienti dal Nord Italia. Li tratta tutti quali appestati, pericolosi untori, pertanto li respinge senza tentennamenti. Adesso quindi a subire un qualcosa di ingiusto e irrispettoso sono proprio quella fetta di italiani che hanno sofferto lo scotto più pesante nella lotta contro il coronavirus.

Ma questo non fermerà Feltri nel suo personale attacco, cambiano però i bersagli. Non più i meridionali, ma proprio la Grecia che si rifiuta di accoglierli, motivo per cui nel cuore centrale dell’articolo, quasi forse inconsciamente o per redimersi da quanto espresso in questi mesi, Vittorio Feltri esprime in fondo la sua soddisfazione per la presenza di altrettanta bellezza nel territorio italiano, anche al Sud, nella Magna Grecia che tutti possono invidiarci, infatti scrive:

Molti nostri connazionali mostrano un debole per le isole greche dove si praticano prezzi di soggiorno assai convenienti. Tuttavia questa estate essi non potranno visitarle causa il descritto divieto. Pazienza, non è il caso di stracciarsi le vesti. Chi rimpiange la Grecia si consoli andando nella Magna Grecia, che forse è addirittura migliore e soprattutto ha una lingua docile: l’italiano, che facilita i rapporti con i residenti”.

Un piccolo messaggio d’apertura e distensione? Forse, o almeno per chi voglia godersi il mare. Un messaggio che vuole essere anche un invito a tutti i cittadini a visitare ed incentivare il turismo italiano, e cosa nuova, non solo quello del Nord. L’Italia sembra non esser seconda a nessuno. Questo è il senso dell’articolo di Feltri, con l’esclusiva novità di includere il concetto di Italia, anche se bisogna proprio estrapolarlo e tirarlo fuori con le pinze.

Il testo si conclude con un appello ai virologi: “che frequentassero più i laboratori di ricerca che gli studi televisivi. Più lavoro e silenzio“.

La domanda sorge spontanea: chissà se sia un cambiamento di prospettiva, o se sia solo limitato al discorso contingente.

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