Il New York Times svela un dossier riservato sui tentativi di infiltrazione nei laboratori dove si cerca una via di uscita medica alla crisi

Hacker cinesi al lavoro per rubare i segreti della lotta al virus. È l’allarme che Fbi e Homeland Security si apprestano a lanciare forse già nelle prossime ore, almeno secondo il New York Times. Non basta: i pirati informatici del Dragone non sarebbero gli unici al lavoro in queste ore. Secondo il dossier messo insieme dagli americani, i ladri di informazioni sul virus attivi sarebbero al soldo di almeno una decina di Paesi. Fra questi l’Iran, certo. Ma pure uno storico alleato degli Stati Uniti come la Corea del Sud.

Questa la sintesi dell’articolo di Anna Lombardi su Repubblica.
Il dubbio che si pone lo stesso giornale americano è che si tratti di preoccupazioni paranoiche; sta di fatto che appare come un’altra bor4data contro la Cina, già accusata di aver costruito in laboratorio il virus. Ed anche fra gli studiosi regna il dubbio sull’autenticità di queste preoccupazioni.

Intanto, però, qualcosa accade davvero: hacker iraniani sono stati sorpresi mentre cercavano di violare Gilead, la casa produttrice del farmaco Remdesivir, da molti ritenuto uno dei più efficaci nella lotta al virus, e approvato, 10 giorni fa, pure dall’agenzia governativa Food and Drug Administration. Ma il NYT solleva qualche dubbio sulla certezza dell’attribuzione. Ricordando che nel 2017 fu addossato agli iraniani un cyber attacco a un impianto petrolchimico saudita: ma dietro, in realtà c’erano hacker russi, scrive la Lombardi in conclusione di articolo.
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