Dīvĭdĕ et ĭmpĕrā  questo antichissimo motto latino, che significa  “dividi e conquista”, attribuito a Filippo II, diciottesimo re della Macedonia, è una delle strategie politiche più esercitate nella storia dell’umanità. Consiste nell’usare il proprio potere, politico o economico, per dividere i propri nemici, mettendoli gli uni contro gli altri con l’unico scopo di mantenere il potere ben saldo nelle proprie mani, alimentando rivalità e dispute che giovano esclusivamente a chi vuole dominare i vari contendenti.

Concetti che questo momento storico in cui la tifoseria del Palermo è più che mai divisa e sfiduciata suonano stranamente sinistri e poco rassicuranti. Le ben note vicende societarie, con annesse leggende metropolitane che da qualche anno ribalzano senza sosta sui media e sui social, hanno contribuito ad allontanare sempre di più la gente dallo stadio. L’aspetto più triste, oltre ad un Barbera desolatamente deserto, è questa sorta di guerra fratricida che i tifosi rosanero combattono fra loro senza soluzione di continuità.
Ad onor del vero, ci sono stati altri problemi che hanno contribuito a dividere i gruppi organizzati della storica Curva Nord, ma esulano dal contesto che stiamo affrontando. Oggi il popolo rosanero ha semplicemente perso la sua identità, non c’è più passione, né entusiasmo e le notizie del campo sono accolte in un clima di quasi generale indifferenza, perché a tener banco è sempre la cessione societaria e i suoi quotidiani colpi di scena. Le mezze verità dette e non dette, queste scatole cinesi sempre più misteriose con gente che entra e gente che va, fanno si che la tanto decantata cessione societaria somigli, ogni giorno di più, alla trama di un romanzo giallo scritta dal dottor Azzecca-Garbugli, di manzoniana memoria.

Intanto, in attesa che si perfezioni questo benedetto preliminare e finalmente si palesino i nuovi proprietari del Palermo, i tifosi continuano a dividersi ed a litigare tra loro, perfino ad insultarsi, nella vana ricerca di chi è il più tifoso fra tutti, C’è chi vorrebbe vedere lo stadio comunque pieno a prescindere da quello che ruota intorno alla società, c’è chi proprio non ce la fa e continua a disertare, poi ovviamente ci sono quelli che stanno nel mezzo, ma in tutti i casi si continua a stare divisi o per dirla come Filippo il macedone: Dīvĭdĕ et ĭmpĕrā.

A farne le spese, manco a dirlo, sono i giocatori che insieme al Tecnico lavorano e si allenano in un ambiente a dir poco surreale. Manca l’abbraccio della gente, il supporto ed il calore di una Piazza che pian piano sta trasformando il risentimento in qualcosa di ben più terribile del rancore, ovvero nell’indifferenza verso i colori rosanero. Un sentimento ben più devastante, che sta attanagliando soprattutto i tifosi storici, quelli che nel passato si sono sobbarcati, senza mai batter ciglio, trasferte come Andria o Battipaglia ed hanno vissuto l’umiliazione della radiazione.

Il peccato più grande, calcisticamente parlando, è quello di uccidere una passione, non si può tirare troppo a lungo una corda e non si possono calpestare all’infinito i sogni della gente, c’è un limite oltre al quale non è più permesso andare. Manca poco ormai, il 30 dicembre è vicino, poi si spera che tutta questa vicenda sarà definitivamente chiarita.
Forse!

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