Quando certe icone vanno via, è difficile trovare le parole giuste. Soprattutto se questa icona è Diego Armando Maradona.

Il rischio spesso è quello di dipingere chi non c’è più diversamente da ciò che è stato in vita. Ma, nel caso di Diego, nessuno si sognerà mai di dipingerlo privo di difetti, privo di problematiche, privo di ciò che caratterizza ciò che per antonomasia lui è sempre stato: genio e sregolatezza.

Diego Armando Maradona non era un santo, probabilmente non lo è mai stato. Ma il suo essere fuori dagli schemi, fuori da ogni logica, al di là di ogni calcolo l’ha sempre portato a schierarsi, a prendere delle decisioni a volte forti, a volte difficili da comprendere per i più, a volte anche contraddittorie. Ed è questo, ora che non c’è più, ciò che resta dell’immenso campione sportivo che è sempre stato e sempre sarà: non essere indifferente difronte all’ingiustizia, alla disparità sociale, a tutto ciò che non gli andava giù.

Oggi non se n’è andato soltanto uno dei più grandi campioni della storia del calcio; oggi se n’è andato un uomo che per milioni di persone ha rappresentato, e continuerà a rappresentare, la via sbagliata, la via contraddittoria, la via più strana e per certi versi maggiormente astrusa, ma, nonostante ciò, la via che l’ha portato ad essere un punto di riferimento per il globo intero.

Oggi fa più male la scomparsa di Maradona che la sconfitta del Palermo. Sembra quasi scontato dirlo, ma quando certi personaggi ci lasciano tutto ciò che ci circonda è come se passasse in secondo piano.

Diego Armando Maradona era allo stesso tempo calcio e anticalcio: nel primo caso incarnava la gioia e la meraviglia di uno sport imprevedibile, nel secondo caso sdoganava tutti quei professionisti abbottonati prendendo posizioni e scelte fuori dal comune, non avendo mai paura di schierarsi e dire la sua.

È difficile dire cosa è stato Maradona, ma possiamo dire cosa non è mai stato: timoroso, formale, coerente, eroe.

Perché il timore non appartiene a chi schiaffeggia un pallone pur di buttarlo in rete durante una finale di Coppa del Mondo.

Perché la forma non verrà mai seguita da chi ragiona sgretolando gli schemi e la via già conosciuta.

Perché chi segue le proprie idee non potrà mai essere coerente, ma si troverà spesso in contraddizione.

Perché un campione non potrà mai essere perfetto, perché non esistono gli eroi, ma esistono gli uomini con i loro difetti, le loro idee, le loro convinzioni.

“Io sono sinistro, tutto sinistro: di piede, di fede, di cervello”.

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