Pescara Zeman

“La bellezza non ha prezzo”. Questo è il titolo dell’autobiografia di Zdenek Zeman, scritta a 4 mani con Andrea Di Caro. Quella del boemo è stata una vita spesa nel calcio e per il calcio. Per non dimenticare del legame forte con Palermo e la sua città, dove affonda le sue radici in un lontano passato. Era il 1966 quando un giovane Zdenek, allora nemmeno ventenne, raggiunse nel capoluogo siciliano lo zio Cestmir Vycpalek, al quale oggi è intitolato il piazzale antistante lo stadio Barbera. Quest’ultimo, dopo cinque anni trascorsi al Palermo, dove giocò con la maglia rosanero tra il 1947 e il 1952, nel ’58 iniziò la sua carriera come allenatore delle aquile. Proprio in quel periodo fede trasferire la propria famiglia in Sicilia, della guerra in Cecoslovacchia da parte dell’Armata Rossa. Di seguito le parole di Zeman in un’intervista concessa ai microfoni del Corriere della Sera.

IL LEGAME DI ZEMAN CON PALERMO

Sulla guerra: “Pensavo di non poter vivere lontano da Praga ma non avevo ancora visto il mare di Mondello. Presi l’abitudine di passare l’estate a Palermo. Anche quella del 1968, quando a Praga arrivarono i carri armati sovietici. A inizio novembre volevo finire l’università. Il 16 gennaio del 1969 si diede fuoco Jan Palach. Il 30 giugno ripartii per l’Italia; il giorno dopo i comunisti chiusero le frontiere. Non vidi i miei genitori e mia sorella per vent’anni“.

Su Vycpalek: “Morì mio cugino, il figlio di mio zio: Cestmir junior, detto Cestino. Un dolore terribile. Era il 5 maggio. Lo zio se n’è andato lo stesso giorno, trent’anni dopo, mentre la sua Juve vinceva uno scudetto insperato: 5 maggio 2002, il crollo dell’Inter all’Olimpico

Sull’amore trovato a Palermo: “Vidi Chiara e capii subito di essere innamorato. Siamo insieme ancora adesso”.

Sul Marcello Dell’Utri: “Andai a casa sua. Ricordo l’ascensore privato. Era già un uomo ricco. Capiva di calcio come Berlusconi: capiva il suo calcio, non quello dei suoi allenatori

Sulle giovanili rosanero del 1975: “I campi erano in terra battuta e ad ogni scivolata perdevi sangue, ora sono diventati campi nomadi. I tesserati erano due. Misi un annuncio sul giornale: cercasi calciatori. Si presentarono a decine. Presi tutti quelli che sapessero fare tre palleggi di fila. Gradoni, sacchi di sabbia, corse ripetute. In un torneo al Nord incontrammo Juve, Toro e Milan, dove giocava Paolo Maldini, e le battemmo tutte. Andavamo al doppio della loro velocità. Tuttosport scrisse: questo Palermo è una piccola Olanda“.

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