Ferrieri Caputi

L’arbitro della sfida Feralpisalò-Palermo sarà una donna. Non ci sarebbe niente di strano, ma in Italia si dà ancora spazio a polemiche futili per scelte di questo tipo. Oggi, poniamo ai nostri lettoti una domanda: Era davvero necessario scegliere un arbitro donna per questa sfida così importante? Sì, era assolutamente necessario.

E non perché l’arbitro Ferrieri Caputi abbia qualcosa in più dei suoi colleghi in quanto donna, non perché sia necessario combattere la disparità di genere con l’inclusività ad ogni costo, bensì perché Ferrieri Caputi nel corso del campionato regolare di Lega Pro appena concluso ha dimostrato di meritare una designazione così importante, giocandosi persino un posto per la finale playoff.

Ferrieri Caputi, l’arbitro autorevole

L’arbitro nel corso di questa stagione ha diretto 15 match, mostrando buone capacità di posizionamento e forte autorevolezza sul campo, senza però mai risultare protagonista ingombrante delle partite (al contrario, invece, del collega Cascone). Con la bellezza di 64 cartellini gialli estratti, Ferrieri Caputi è stata in grado di mantenere in ordine partite a volte complesse e in ambienti caldi e non del tutto facili da gestire (Cagliari, Cesena e Torre del Greco fra gli altri).

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La mentalità maschilista

Una volta discussi i meriti per cui Ferrieri Caputi ha meritato la designazione per una semifinale playoff, è necessario ribadire ancora una volta come certi commenti vadano rigorosamente tacciati di un esclusivismo che considera le donne non all’altezza di non farsi rispettare all’interno di un contesto maschile. Posto che certi pregiudizi nemmeno meritano un commento specifico, dato che finiscono per commentarsi da soli nel proprio squallore, va chiaramente ribadito che se la scelta di Maria Sole Ferrieri Caputi ha destato scalpore, il problema non è dell’arbitro o del designatore, bensì di una mentalità maschilista che tende ad escludere le donne dai contesti sportivi maschili.

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Un allenatrice in Serie A?

Eppure stento a comprendere la logica secondo cui un uomo possa allenare un gruppo di donne nel calcio femminile, ma al contrario non è possibile che una donna alleni un gruppo di uomini. Nell’ambiente calcistico europeo, e più specificatamente italiano, la figura femminile viene spesso rinchiusa all’interno di una sfera prettamente estetica, senza quasi mai prendere in considerazione i meriti tattici o tecnici della persona in considerazione. Perché, dunque, Milena Bertolini -allenatrice della Nazionale Italiana di Calcio- non viene presa in considerazione per una panchina in Serie A, mentre continuano ad essere date possibilità di allenare ad allenatori che hanno più e più volte fallito i propri obiettivi stagionali con squadre differenti?

Perché una donna non dovrebbe essere capace di dirigere una semifinale playoff in seguito ad una buona preparazione atletica e tecnica?

Ai posteri l’ardua sentenza.

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