Un interrogativo che trova difficilmente una risposta univoca. Una domanda che nasce dopo le prestazioni differenti messe in mostra nell’ultimo mese, e non solo, dal Palermo di Boscaglia. Un Palermo che dopo la crisi affrontata a causa del coronavirus, sembrava aver trovato la propria identità, e la propria compattezza e anche un discreto ritmo dal punto di vista dei risultati.

Ma la macchina sembra essersi inceppata e a mancare è soprattutto un meccanismo che è fondamentale per chi vuole inseguire grandi obiettivi: la continuità.

Una parola che ingloba non solo i risultati, ma anche il sistema di gioco, i protagonisti e la cattiveria agonistica. Fattori che se avevano avuto un grande impatto sin dalla partita dal Catania, come moto di reazione ad una situazione a cui la squadra, da gruppo, voleva e aveva saputo trarre la propria forza, in seguito, sono andati progressivamente scemando.

Contro la Juve Stabia, la squadra rosanero aveva mosso in mostra la grinta necessaria in un girone tosto come quello meridionale e aveva tirato fuori gli artigli. Anche i singoli erano riusciti a dare un enorme contributo alla cause comuni, tra tutti Saraniti, che seppur uscito fuori per infortunio, aveva coronato gli sforzi delle settimane precedenti con un gol. Floriano che al rientro dopo lo stop forzato ha subito messo il timbro sulla gara, dopo un assist al bacio dell’instancabile Rauti.

Poi il tour de force delle gare allo stadio Renzo Barbera: contro la Paganese, un primo tempo quasi perfetto in cui il Palermo ha macinato tanto gioco e sembrava aver prodotto poco rispetto a quanto avesse collezionato. Nel secondo tempo invece i cali di disattenzione hanno quasi risvegliato gli avversari.

Con il Potenza, una partita dominata, una porta stregata anche dai poderosi interventi di Marcone, ma sbloccata all’86 grazie all’intuizione magica di Silipo e al tap in vincente di Luperini. E’ qui il momento di massimo splendore in cui, si è creduto che di aver accantonato tutti i problemi, di poter disporre di un’ampia panchina, di titolari validi e di un gioco spumeggiante e brillante. Cosa confermata in parte anche nella partita contro la Turris, con un possesso palla però più sterile, che non ha sortito gli effetti sperati e che si è conclusa con la sconfitta rimediata per un errata copertura, sul contropiede avversario.

Con il Monopoli, arriva la risposta: una prestazione convincente, da alcuni definita la migliore del campionato, per quanto visto soprattutto nel primo tempo. Boscaglia lamenta invece di aver concesso il pallino del gioco agli avversari nel secondo tempo.

Quando sembrava che il Palermo potesse fare un ulteriore passo in avanti, ecco che casca nella “trappola Viterbese”. Una partita condizionata sì da episodi, dalla sfortuna, e chi più ne ha più ne metta.Ma una squadra che ambisce a vincere, non può concedersi il “lusso” di essere così assente in determinati momenti della partita. Momenti che hanno permesso alla Viterbese di pareggiare, la prima volta dopo il gol di Lucca e passare per ben due volte in vantaggio.

Contro il Foggia, il Palermo è come se non fosse sceso in campo. Nella partita in cui tatticamente aveva di fronte una squadra che poteva tenere il possesso palla, e non “alzare barricate”, il Palermo si è fatto sbaragliare, non imponendo il proprio gioco.

Giunti alla 14° giornata però, con continui schieramenti tattici diversi, costretti oggi a fare a meno anche di un giocatore come Almici, ci si chiede qual è il vero Palermo. Quello visto ad inizio stagione che faticava ad imporsi sugli avversari, una copia che si è quasi riproposta ieri? Quello che ha saputo invece far fronte comune ed ottenere risultati importanti anche attraverso il bel gioco? O un Palermo che perde la bussola troppo facilmente anche in situazioni di vantaggio?

Ci sarebbe anche un’ulteriore opzione abbastanza preoccupante: Un Palermo la cui identità non è stata ancora svelata…ed individuata.

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