Ricoverano sua madre per il virus, lui posta su Facebook messaggi negazionisti.
Un suo video su Facebook – “Vedete, non c’è nessuno” – subito dopo averla portata all’ospedale Covid di Verduno. L’Asl pronta a denunciare.

Questo il titolo di un articolo sull’edizione online di Repubblica.

La madre non si sente bene, è anziana, ha un’occlusione intestinale e il figlio la porta al pronto soccorso dell’ospedale di Verduno. Subito dopo il triage la donna viene sottoposta al tampone, è positiva al Covid e viene ricoverata.
Questa l’apertura dell’articolo di Carlotta Rocci che racconta come non sia bastata l’evidenza del malessere di sua madre per convincere un giovane piemontese a prendere atto della pericolosità del virus. Uscito dal Ospedale dove ha appena ricoverato l’anziana madre, pubblica un post facebook con un video girato dal parcheggio del nosocomio, accompagnandolo con frasi come “Vedete non c’è nessuno… lo strapieno pronto soccorso di Verduno. Mia mamma non ha neanche un raffreddore e non può essere positiva ma così i medici ottengono 700 o 2000 euro per ogni malato. E’ il teatrino del covid”.
Il video pubblicato su facebook vuole denunciare la solita mangeria della sanità italiana, dice il giovane che minaccia anche di chiamare i carabinieri o il suo avvocato.

Il punto è che adesso probabilmente dovrà davvero chiamare il suo avvocato perchè l’Asl Cn2 ha deciso di denunziarlo per diffamazione.

Il messaggio postato su Facebook

La risposta dell’Asl : ” In riferimento ai messaggi denigratori che stanno circolando sui social riguardo l’Ospedale  di Verduno e in particolare alcuni contenuti all’interno dei quali viene sostenuto che “i sanitari inventano la positività dei pazienti a proprio beneficio”, per scopi non meglio precisati  smentiamo con forza tali illazioni.  Le strutture sanitarie dell’Asl Cn2, soprattutto il personale composto da Oss, infermieri e medici, stanno sostenendo un carico professionale e umano senza precedenti. Il personale in servizio sul territorio e a Verduno è quotidianamente sottoposto a uno sforzo al limite delle possibilità, anche perché gli operatori stessi, in numero molto maggiore rispetto alla prima ondata, sono soggetti al rischio di contagio. Dunque, come evidente, la componente sanitaria, che agisce con abnegazione e sacrificio, non trae alcun giovamento dalla situazione. Della questione si sta ora occupando l’ufficio legale dell’Asl.

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