Sappiamo tutti cos’è il fenomeno migratorio, lo sappiamo perché è un fatto molto antico: già da fine Ottocento, il meridionale è stato costretto ad emigrare.

A rendere chiara l’emergenza è proprio il rapporto Svimez (Associazione che promuove le condizioni economiche del Mezzogiorno italiano), che segnala una grande crescita di abbandono del Mezzogiorno. Dal 2002 al 2017 la fuga di cervelli ha interessato circa 2 milioni di persone di cui la maggior parte giovani. Questo dato quindi, mostra come il fenomeno migratorio accresca il divario del Sud con il resto dell’Italia.

Si emigra per necessità, per un futuro più redditizio, per una qualità della vita migliore e per aprire i propri orizzonti. Ad oggi però c’è una grossa differenza rispetto al viaggio che veniva intrapreso a fine Ottocento.

Oggi a partire sono giovani, menti fresche, piene di sogni e di voglia di fare. Prima si partiva per aiutare economicamente la famiglia d’origine e permettere a chi restava, di poter andare avanti. Oggi invece, i giovani partono per costruirsi un futuro al Nord. E’ un’emigrazione che impoverisce umanamente ed economicamente a causa di flussi economici che fanno il percorso al contrario: i genitori sostengono i propri figli al Nord, provocando un grosso impoverimento al Sud.

Nell’indifferenza delle istituzioni delle politiche sociali mal condotte, il Sud si depaupera e il Nord ne trae vantaggio. Il Nord quindi accoglie nuove “menti”, il più delle volte brillanti e vende il loro talento mentre il Sud perde risorse e si spopola ogni anno di più.

Il giovane siciliano, campano o pugliese che sia, è dunque “costretto” a un destino lontano da casa: o andare fuori o rimanere al sud cercando di destreggiarsi.

Com’è possibile che tale problema, che ormai da anni si ripresenta, non è stato ancora preso in considerazione? Perché chi nasce al Sud è “obbligato” da forze di causa maggiore a lasciare la proprie radici? Per alcuni infatti, è una scelta piuttosto dolora da prendere. Non tutti hanno la volontà di lasciare casa, di allontanarsi dai propri affetti e di alienarsi dalle proprie radici.

L’immagine del sud è ormai fortemente compromessa: paesi spopolati, antichi borghi pieni di anziani e assenza quasi totale di gioventù pronta a combattere per i propri diritti nel paese in cui si è nati. Tale situazione porterà ad un futuro povero e spoglio in questi paesi ormai “dimenticati” dai giovani, non verranno più trasmesse le credenze, le tradizioni, il folklore locale, le espressioni proprie dei popoli, e in parte si perderà anche una parte di sé come persona e come comunità. Se un popolo perde la sua vera risorsa, cioè i giovani, conseguenzialmente  si provocherà un arresto totale di tale cultura; preservare il proprio “sapere” è infatti fondamentale per comprendere e condividere la ricchezza che ogni cultura conserva da generazione a generazione. Quindi, mentalità, credenze, pratiche e usanze verranno meno lasciando un paese privo della sua vera essenza.

Un sud senza ali, senza speranza e quasi rassegnato. Non c’è più nessuno che crede che si possa far qualcosa, d’altronde, come potergli andare contro? Ogni battaglia sembra persa, non vince mai la meritocrazia ma chi ha più conoscenze, e chi davvero ha talento da vendere, non “spreca” le sue qualità lì dove le qualità non vengono ben sfruttate.

E’ tempo di riflessione e di una forte sferzata da parte di chi ha voglia di Cambiamento.

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