Palermo

Questa mattina, sfogliando i giornali (Repubblica) restiamo colpiti, favorevolmente, da un dato che ci svelano i dirigenti Gesap, cioè la società che gestisce l’Aeroporto di Punta Raisi. Ci informano che da qualche settimana il traffico aereo va regolarizzandosi ed ogni giorno arrivano a Palermo circa 10 mila turisti. 10 mila turisti al giorno sono 70 mila a settimana cioè il doppio della capienza del Barbera.
Più del 50% di questi graditissimi turisti arrivano dal nord, Veneto, Lombardia, Piemonte ma anche da Spagna e Francia. I 10 mila insomma giungono da zone fortemente colpite dal coronavirus. E va anche bene, perchè significa rilancio del turismo e ripartenza di moltissime attività messe in ginocchio dalla pandemia. Il punto non sono i turisti che arrivano, che ben vengano e si moltiplichino.
Il punto è un altro: siamo circondati da gente del nord o europea e i palermitani (città fra le meno colpite d’Italia), non possono andare allo stadio. C’è qualcosa che non torna, c’è qualcosa che non quadra. I cittadini palermitani che accolgono i turisti del nord vengono ritenuti potenzialmente più contagiosi di chi arriva da zone flagellate dal virus. C’è puzza di contraddizione.
Ma non è solo questo: le sere della movida palermitana (finalmente ripresa alla grande) mostrano chiaramente come le norme di distanziamento sociale sono ormai solo un vecchio ricordo. I giovani si incontrano e stanno insieme come ai tempi del pre virus, magari portandosi da casa una mascherina e mettendola sotto il gomito.
Insomma sembra proprio che a pagare il conto siano rimasti solo gli stadi e qualche altra attività.
Una situazione facilmente risolvibile obbligando la presenza di uno spettatore ogni due sediolini, tranne i familiari.
E a chi obietta che i tifosi, proprio per fede, sono portati a unirsi, stringersi, stare a contatto, rispondiamo che pur di andare a sostenere la propria squadra del cuore, la gente si adegua…
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