la «Dolce vita» del calcio rosanero, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, quando al Palermo si vinceva poco ma ci si divertiva molto.
L’editoriale di Carlo Brandaleone, sul Giornale di Sicilia, oggi in edicola , nella sua consueta rubrica settimanale “Profumo di rosa”, sottolinea le abitudini e le tradizioni della squadra rosanero durante il periodo del Carnevale.
Fare feste di quel tipo, vestiti in maschera, oggi farebbe scandalo ed anche se gli allenatori non condividevano, ci passavano sopra, tranne Veneranda.
…durante il periodo di Carnevale era possibile incrociare Chimenti vestito da Pierrot, Gasperini con gli abiti di uno sceicco arabo, De Rosa con quelli da scolaretto, Cerantola con una tuta da scheletro o Magherini spadaccino, scrive Brandaleone che ricorda come l’artefice principale era Favalli che nella sua casa di Mondello organizzava le feste con la complicità della moglie Laila, che personalmente cuciva gli abiti suoi e del marito.

Favalli era il più anziano del gruppo e dopo Palermo, chiuse la carriera da calciatore. Lo chiamavano “farfallino” pèer la sua capacità di volteggiare nelle aree avversarie.
Il ricordo di Erminio Favalli che restò a Palermo per 13 anni ricoprendo poi anche il ruolo di direttore sportivo. Non fu un manager rigoroso, scrive il giornale, ma amava Palermo e grazie a lui si risolse spesso qualche pendenza economica…La sua famiglia era benestante, la sorella aveva una piccola industria a Cremona e spesso Erminio faceva fronte personalmente alle esigenze della società pagando gli stipendi agli ex compagni, scrive Brandaleone che ci ricorda come Favalli morì giovane a soli 64 anni nel 2008…
E a Palermo uno come Erminio Favalli non c’è più stato.

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