Il 2019 che ci siamo gettati alle spalle è stato un anno traumatico per i tifosi palermitani: una mazzata inaspettata che ha spazzato via pero’ anni di dolori e vergogne in cui un certo “innominabile” aveva gettato la città di Palermo e la sua tifoseria.

La serie D per i palermitani è stata elaborata attraverso vari step: all’inizio con sconcerto e disperazione consapevoli che la fine di un’era era vicina e che non saremmo mai più tornati nel calcio che conta.

In seguito è arrivato Mirri: questa figura così vicina, è stata vissuta come un esempio di palermitanità ed ha riacceso l’entusiasmo sopito ed ha scatenato la voglia tipica del tifoso rosa-nero di dimostrare, quando vuole, di essere davvero legato ai propri colori, alla propria terra, ed in questo clima, come trascinata, anche la squadra ha risposto in campo, con le dieci vittorie consecutive, che hanno fatto credere che il campionato fosse già ipotecato, che le partite fossero già vinte in partenza, ancora prima di calcare il terreno di gioco.

Un bel giorno, arriva il Savoia, una partita caricata di grande importanza, il primo big match della stagione… e lì, arriva la prima sconfitta. Forse non del tutto meritata, in quel caso, ma anche lì, la bravura della squadra campana è stata quella di dimostrare al Girone I che il Palermo “era una squadra umana” che si poteva battere.  Da quel momento è subentrata la paura ed è questo il sentimento che aleggia ancora tra i tifosi rosa-nero.

La paura di fallire, fallire ancora una volta, un obiettivo troppo grande per non essere raggiunto. La serie C infatti non è un traguardo calcistico soltanto: è la rinascita di una piazza che si è sentita umiliata da anni, da un veneto che credeva di sentirsi già “siciliano”.

E’ il tentativo di ricostruzione di una città dalle macerie ancora fresche di un abbandono totale di un’intera Lega. E’ l’urlo liberatorio di un tifo che da anni ormai non gioisce e che ad un passo dal traguardo, vede sfuggire il sogno.

Quante volte negli ultimi anni abbiamo ottenuto il titolo di campioni d’inverno per poi vedere dilapidati punti di vantaggio, conquistati con tanta fatica e sudore nel girone d’andata?

Perché all’anno nuovo sembra quasi che i giocatori non riescano a digerire panettoni e pandori delle feste natalizie?

Quest’anno i tifosi vogliono ascoltare una musica diversa ed anche se la categoria è quella base, la più infima che possa esistere, hanno un disperato bisogno di gridare quel “Forza Palermo” rimasto strozzato in tutti questi anni di boccate amare e delusioni calcistiche.

Perché una squadra di calcio si deve amare nella buona e nella cattiva sorte, pero’ occorre che le gioie arrivino per continuare ad amare questo sport che continua ad appassionare milioni di persone nel mondo.

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