Palermo Mirri

Il Presidente Dario Mirri ha incontrato ieri gli studenti nell’aula magna della facoltà di Giurisprudenza per un convegno dal titolo, “Palermo: tra diritto sportivo, FIGC e rinascita“.

Il titolo del convegno simboleggia la parabola di discesa che ha contrassegnato la storia recente del Palermo Calcio. Prima impegnato in aule di tribunali, per dimostrare ed illudere i tifosi che tutto fosse in regola, poi la lotta con la FIGC dopo gli sciagurati episodi di Frosinone, il diritto negato di partecipare ai play-off, la retrocessione in C, revocata, per poi arrivare alla pec delle 23:59 e la presentazione di un incubo, la D, il fallimento, scenari che i palermitani non volevano più rivivere.

Un vero tifoso, prima che imprenditore, non si è arreso, e all’insegna della palermitanità ha voluto costruire le fondamenta dalle ceneri di una passione che sembrava morta. Proprio lui, Dario Mirri, che ha parlato ai ragazzi di un amore viscerale per il calcio quasi una religione.

Con una metafora davvero efficace Mirri spiega che :

Il Palermo è un bambino che ha visto la luce del sole per la prima volta da pochissimo tempo e, come tutti i bambini, sta lentamente imparando a camminare. Sostenetelo quando cadrà, aiutatelo a crescere, siate sempre al suo fianco, non abbandonatelo mai. Siamo tutti una grande famiglia, questa squadra per voi deve essere come un figlio, ci appartiene, vi appartiene e sarà sempre così“.

Ciò che sta riaccendendo la passione per la squadra rosa-nero è la nuova linea etica della società: trasparenza e comunità. Il Palermo non ha padroni, è di tutti. Finalmente l’attenzione verte sul campo, non su bilanci e avvocati. I giocatori hanno fame di vittoria, sudano la maglia, ed è questo che la gente ha sempre voluto vedere, un qualcosa che mancava anche nelle categorie superiori.

Mirri quindi sottolinea:”Trasparenza e diritto fanno parte dello statuto di una società che non potrà più andare incontro a bilanci falsati o peripezie giudiziarie. Non sono legato alla poltrona, se non quella della gradinata che occupo da abbonato.Sono pronto a lasciare, ma se mai un giorno dovessi optare per questa scelta sappiate che lo farò nel massimo rispetto della città. L’amore e la passione sono i sentimenti che mi spingono ogni giorno a fare tutto quello che ho fatto. Penso che il calcio sia comunità, aggregazione e devo dire che per me è anche una religione“.

Si era rotto negli ultimi anni il filo che legava società e tifosi, la fiducia si era spezzata irrimediabilmente. Nessun calciatore in cui identificarsi, tutti legati unicamente al contratto, nessun senso d’appartenenza o orgoglio per la maglia indossata.

E chissà forse il calvario che la tifoseria ha vissuto è servito, adesso venire allo stadio è un piacere.

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