Il calcio presuntuoso: quando il pallone si crede onnipotente
Una gara nel giorno di Pasquetta (e poi il 1°maggio), impone riflessioni più ampie sulla presunzione del calcio. Il mondo del pallone infatti, sembra ritenere di essere superiore a tutto e tutti, di poter scavalcare festività o ricorrenze. Come se fosse onnipotente e la gente chiamata solo a rispettare le sue regole. Un eccesso di presunzione che andrebbe ripagato con il deserto sugli spalti (in tutta Italia, ovviamente), magari ci riflettono. E la presunzione troverà conferma anche per le gare del primo maggio, festa dei lavoratori, come se i calciatori non fossero onesti lavoratori della pedata.
Insomma il calcio pensa di essere al centro del mondo e che tutto debba girarci intorno. Ma non è così, come diceva Pasolini (poi ripreso anche da Arrigo Sacchi) è solo la cosa più importante fra le cose meno importanti. Però si comporta come se fosse la cosa più importante e basta.
Una volta era uno sport. Ora è un’industria che si guarda allo specchio e si fa l’applauso da sola. Il calcio – o meglio, questo calcio – è diventato un palcoscenico per primedonne in calzoncini, dirigenti che parlano più di economia che di gioco.
Stipendi fuori scala, dichiarazioni arroganti e i club convinti di essere entità divine che il popolo dovrebbe venerare: il calcio di oggi non vuole competere, vuole comandare. E il peggio è che ci crede davvero. E poi ci sono calciatori superstar, che fanno più “story” su Instagram che passaggi filtranti in campo. Il calcio ha smesso di ascoltare. Parla solo. E sempre più spesso, parla da solo.
E infine ci sono i tifosi, devoti, stanchi a volte complici. Perché in fondo, anche loro, un po’ ci credono: che quel club sia “diverso”, che quel giocatore “ami la maglia”. Illusioni ben confezionate, vendute a peso d’oro. E noi, lì, a comprare.
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