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La personalità di Simon Kjaer non è mai stata un mistero. Sin dalla tenera età di 19 anni, ai tempi del Palermo di Miccoli, Cavani e Simplicio, il giovane danese si era imposto al centro della difesa con straordinario carisma. Doveva adattarsi al calcio italiano, ma non ha esitato un istante, grazie al talento e al carattere che lo contraddistinguono. Alla seconda da titolare in maglia rosanero ha colpito per la prima volta, di testa sugli sviluppi di un corner: davanti c’era il Chievo, era il 2 novembre del 2008, una vita fa. In poco tempo, il danese ha conquistato fiducia e titolarità e, come tanti, è presto fuggito via dalla Sicilia direzione Germania, precisamente Wolfsburg.

Oggi, quel giovane 19enne è un calciatore maturo: ha 32 primavere, è asso del Milan e capitano della nazionale danese. Stasera, ha poi compiuto un gesto semplicemente eroico. Il suo compagno di squadra, Christian Eriksen, militante nell’Inter e puntello della squadra, è svenuto accasciandosi a terra sul finire del primo tempo: si è trattato di un malore improvviso. Kjaer è intervenuto con coraggio e prontezza, massaggiando per primo il torace dell’ex Tottenham ed evitando che ingoiasse la lingua quando era privo di sensi. Scelte maturate e attuate nel giro di frazioni di secondo, prima che arrivassero i soccorsi in campo.

Il capitano, infine, è andato a consolare la moglie del centrocampista nerazzurro, scoppiata in lacrime e in preda al panico. Cuore di capitano, mentalità da leader: oggi Kjaer è uomo e calciatore indiscutibile. Se Eriksen è adesso “fuori pericolo”, deve tantissimo al suo capitano.

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