Giorno 12 gennaio Francesco Ghirelli è stato rieletto Presidente della Lega Pro praticamente all’unanimità, con 49 voti favorevoli su 59 totali. Si minacciavano ribaltoni e rivoluzioni, ma la capacità di mediare tra le parti e la grande esperienza di Ghirelli hanno fatto prevalere la linea della continuità. La sostanza però non cambia: nonostante la riconferma, in Serie C restano grossi problemi di natura finanziaria. Inoltre, la categoria diventa spesso palcoscenico di situazioni grottesche e difficilmente immaginabili in altri campionati professionistici europei.
Il comunicato di Ghirelli sulla “Juventus B”

Si percepisce quasi profonda commozione. E il Presidente prosegue, annoverando le presenze stagionali anno per anno di tesserati della Juventus U23 in prima squadra, mostrandosi decisamente scrupoloso nei dettagli. “Nel campionato 2018-19 sei calciatori per 10 presenze; 2019-2020 sei giocatori per quattordici presenze; 2020-2021 tre giocatori per diciotto presenze. Aggiungo due titolari stabili, Frabotta e Portanova.”
Il progetto “seconde squadre”: dopo tre anni è un fallimento

Ghirelli non si dà pace di questo fallimento e, anziché analizzarne le ragioni, lancia piccole provocazioni a tutti gli altri club di Serie A. Leggete: “Prima di rispondere faccio una provocazione terribile, perché la Juventus di Andrea Agnelli vince nove scudetti di seguito?”. Con fare narcisistico, Ghirelli si risponde perfino da solo: “Francesco, non puoi collegare al fatto che sia l’unico club che abbia una seconda squadra iscritta al campionato di Serie C. E, invece, oso dire che questo fatto non è elemento secondario poiché dimostra che la Juventus è capace di cogliere le opportunità che si presentano e lo fa subito, nel momento in cui si presentano.”
Le squadre B costano tantissimo
In realtà, le motivazioni sarebbero da rintracciare altrove: la Juventus è l’unica società di A presente anche in Serie C, poiché la formazione e il mantenimento di una seconda squadra costano ben 3-4 milioni di euro, almeno per fare un campionato di metà classifica.
Le seconde squadre comportano infatti altissimi costi di gestione. La sola fideiussione d’iscrizione richiede 1,2 milioni di euro e vale solo da garanzia alla partecipazione al campionato. Non è poi semplice costruire una rosa competitiva a livelli professionistici con soli giovani di belle speranze: Lazio e Roma, se decidessero di formare una seconda squadra, si troverebbero inserite per motivi geografici nel girone C, assieme a piazze e squadre importanti come Bari, Ternana, Palermo, Catania, Catanzaro e diverse altre.
“Gallina vecchia fa buon brodo”

Una via secondaria, ma già praticata in passato, è quella delle multiproprietà. La famiglia De Laurentiis controlla le società di Napoli e Bari e giovani biancorossi come D’Ursi e Candellone risultano infatti dei prestiti della società partenopea. Tuttavia, la strada è oggi meno facilmente percorribile per un cambio di regolamentazione del novembre 2019. Ne ha parlato approfonditamente il nostro editorialista Fabio Tedesco (Il presidente della Sampdoria non può acquistare il Palermo), in merito alla vicenda Ferrero-Palermo.
Uno scambio…sui generis
La vera ragione che ha portato la Juventus a formare una seconda squadra è quindi un’altra e rientra nella questione “Fair Play finanziario“. In primis, con una squadra B, la Juventus non deve spiegazioni a nessuno per via del suo altissimo numero di calciatori in rosa. Possiede infatti due squadre professionistiche più la formazione Primavera. Inoltre, la società bianconera può imbastire, quasi nell’ombra, diverse operazioni sui generis. Tra tutte segnaliamo lo scambio dello scorso gennaio tra Pereira da Silva (della Juventus U23) e Marquez Mendez (del Barcellona B). L’operazione, badate bene, ha fatto segnare a bilancio un +8 milioni per entrambe le squadre.
Il fallimento del Trapani

La panoramica descritta lasciava presagire un epilogo piuttosto chiaro, ma la Serie C e la Covisoc hanno invece concesso il nullaosta al club granata per l’iscrizione al campionato. La decisione si è prevedibilmente rivelata infelice e oggi il girone C si presenta monco. Avendo un numero dispari di squadre (19), ciascuna di queste è costretta a riposare due volte l’anno per sopperire all’assenza del club siciliano. Inoltre, la retrocessione diretta è già stata assegnata al Trapani (poi fallito) e la Cavese, che si trova in una condizione di classifica decisamente complicata, potrebbe paradossalmente salvarsi ai play-out.
Il Covid-19 ha ovviamente complicato la situazione
La pandemia in corso ha poi complicato la situazione. Soltanto i test sierologici da somministrare ai propri dipendenti hanno un costo medio di 2800 euro a settimana, cui dobbiamo assommare i costi per la sanificazione degli ambienti (tra i 1000 e i 2000 euro). Ma, soprattutto, la categoria ha dovuto rinunciare agli incassi ai botteghini. Si stima che dalle mancate vendite di biglietti e abbonamenti, nel loro complessivo, le 60 società di C abbiano perso in totale 23 milioni di euro circa.

In effetti, anche il format è decisamente obsoleto. Considerando tutte le terze serie europee, la Serie C italiana presenta in assoluto il numero più alto di squadre. Ma non sarà facile tagliare ancora, dato il passaggio da 90 a 60 club già avvenuto qualche anno fa.
Il teatro degli orrori della Serie C

Altro fatto impietoso è avvenuto in terra campana durante Casertana-Viterbese. Il match è stato infatti disputato dai padroni di casa con soli 9 uomini al calcio d’inizio. Per di più, ben tre dei titolari rossoblù erano scesi in campo febbricitanti e con chiari sintomi, nonostante fossero risultati negativi ai tamponi.
Il teatro degli orrori della Serie C avrebbe fatto registrare altre messe in scena, come la situazione Livorno, le modifiche sul numero massimo di calciatori in rosa a campionato quasi iniziato, o ancora la stramba regola degli under. Tuttavia, non è necessario per adesso affrontare tali questioni.
Elezioni FIGC in vista
Volevamo soltanto mettervi a nudo (quasi) tutte le difficoltà di un campionato, che il Presidente Ghirelli prova a mascherare a buon gioco. Indubbiamente, sembra necessaria ora più che mai una riforma dei campionati e più in particolare della Serie C, ma se ne riparlerà più approfonditamente in vista delle elezioni della FIGC del prossimo febbraio. Si auspica soltanto che giochi di potere e false promesse non abbiano stavolta la meglio, per il bene della categoria e del calcio italiano.
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