La riforma della C

Le tre facce dell’Isola: parte il campionato del campanile siciliano.
Abbiamo penato sino all’ultimo. Del resto, dopo l’incredibile stagione appena trascorsa, tornare in campo senza patemi sarebbe stato quasi interrompere l’atmosfera di precarietà che dall’inizio della pandemia aleggia sul calcio italiano.
Inizia così l’articolo di Massimo Norrito su Repubblica, oggi in edicola, che descrive questo torneo del campanile siciliano con Palermo, Catania e Trapani, sebbene quest’ultima realtà appare davvero in situazioni precarie.
Il Palermo, ripartito dal basso con una proprietà palermitana e che fa della palermitanità e dell’appartenenza il suo tratto distintivo.
Anche a Catania c’è adesso una proprietà dal forte marchio catanese.

Palermo e Catania, quindi, con due proprietà locali che adesso sono chiamate a dare risposte alle domande dei tifosi sulla loro effettiva forza economica, scrive Norrito che sottolinea come le parole del presidente Mirri sulla possibilità di vincere il torneo in 2 anni hanno scatenato le perplessità dei tifosi: c’è chi ha dimenticato troppo in fretta quando Zamparini prometteva mari e monti.
A Palermo si dovrebbe invece guardare con fiducia al campionato sia perchè la squadra non è male ed ha preso uno dei migliori tecnici del girone sia perchè, da imprenditore, Mirri sa che se vuole vendere un giorno il Palermo, deve provare a crescere e non svalutare il suo bene.
Se un presidente dice che per lui è importante prima costruire il centro sportivo e poi tornare in B sembra una bestemmia. Senza fermarsi a riflettere che proprio le strutture spesso fanno la differenza tra chi non ha milioni su milioni da investire, scrive Norrito che in conclusione di articolo si sofferma sulla situazione in casa Trapani, una squadra senza una squadra, dove manca tutto e tutto dovrà essere ricostruito.

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