In 6 mesi, il Palermo ha insieme affrontato la sua morte e l’inizio di un processo di rinascita, lenta, faticosa, ma accompagnata da un progetto serio. Protagonista numero 1 della scalata in programma è il presidente Mirri, tifoso numero 1 dei rosanero, lui che è il nipote del più grande di tutti, Renzo Barbera, a cui è intitolato il nome dello stadio.

Di questi primi due mesi al Palermo e di questa che possiamo definire a tutti gli effetti essere una nuova esperienza professionale, ha parlato il presidente Dario Mirri ai microfoni di Radiopopolare. Ecco le sue dichiarazioni:

“Bilancio di questi primi due mesi? Per me è la prima volta e sarà anche l’unica esperienza. Sto iniziando, sto imparando e soprattutto sto cercando di normalizzare, perché spesso purtroppo il calcio è succube di questa mancanza di normalizzazione.

Su cosa si fonda il mio progetto? Sono valori. Io credo fortemente che il calcio abbia bisogno di valori come la trasparenza e il controllo. Nel nostro manifesto abbiamo messo al primo punto la parte relativa alla trasparenza, quello che è mancato nel Palermo negli ultimi anni. Noi tifosi, perché prima di tutto io sono un tifoso, abbiamo subìto questa mancanza di trasparenza e sognavamo la possibilità di essere coinvolti attraverso in qualche modo, come sta accadendo ora con un comitato. Crediamo di essere rivoluzionari nell’interpretazione del calcio. O meglio rispettiamo quella che è la mia convinzione assoluta: un presidente è soltanto un custode temporaneo di un bene collettivo”.

Sulla sua posizione di presidente: La squadra di calcio porta il nome della città quindi non è certo Mirri il padrone del Palermo, ma lo sono i cittadini, i tifosi e gli appassionati. Quindi da questo punto di vista la trasparenza, il controllo, la competenza, l’affidabilità, lo sviluppo e l’appartenenza sono gli elementi su cui fondiamo il nostro manifesto.

Sull’obiettivo da raggiungere è stato molto chiaro: “Credo che sia proprio questo l’elemento cruciale. L’impresa che stiamo realizzando è certamente un’impresa sportiva con ambizioni sportive di migliorare la categoria di appartenenza, andare in Serie C e sognare di andare in Serie B e ancora di tornare in Serie A. È un’impresa sportiva, ma il mio desiderio è che sia ancora prima un’impresa sociale legata al territorio che possa consentire un miglioramento della reputazione. Se creiamo un’impresa virtuosa, anche con un miglioramento della reputazione, questo può dare degli eccellenti ritorni economici.

Infine conclude: Io sono un imprenditore e sono convinto che un’impresa che si fondi su elementi reputazionali ed elementi forti legati all’identità territoriale consentirà nel tempo di aumentare anche il valore economico della proprietà della squadra che portiamo avanti”.

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