Alberto Moravia, pseudonimo di Alberto Pincherle, è stato uno degli scrittori e drammaturghi più importanti nel panorama letterario italiano del 900.

Il suo incontro con Pierpaolo Pasolini avviene nel 1955, iniziando con lui una collaborazione cinematografica per ‘’L’Espresso’’. Pasolini era un grande conoscitore e amante del gioco del calcio. Ancora letteratura e calcio percorrono due strade differenti, ma parallele, e accomunate dal puerile desiderio del sogno. Il tifoso vive, spera, sogna, gioisce, quindi si rattrista. Analogamente al percorso che svolge uno scrittore, un lettore, seppur con contenuti differenti.

Un calcio, quello del giorno d’oggi, che sembra sempre meno rientrare dentro il grande macrocosmo della parola ”sport” e che si appresta ad ammalarsi, a mutare. Forse non ci sono colpevoli (se ci sono, siamo noi): come in tutte le cose della vita, quando un qualcosa ha un grande seguito, un grande successo, è facilmente destinata a perdere la propria genuinità.

Poeta civile, raffinato e per certi tratti manierista Pasolini aveva una visione opposta sul mondo del calcio a quella di Moravia. Pasolini giocava per vincere, e si autodefiniva sempre un reale conoscitore, osservatore attento e tifoso ma mai ultrà.

Il calcio? ‘’Un fenomeno di costume talmente importante, che un male sarebbe per gli intellettuali ignorarlo e disinteressarsene’’

Moravia esprimeva una visione incompatibile, per lui il calcio si riduceva ad essere meramente un ”mezzo utile a distrarre i giovani dalla contestazione, a tener buoni i lavoratori. Serve a non fare la rivoluzione”.

Una contrapposizione a cui spesso si è assistito durante gli ultimi anni, e che si è riproposta con attori diversi negli anni successivi.

Il saggista spagnolo Manuel Montalban, scrive infatti a favore della tesi Pasoliniana, additando al mondo del pallone una narrazione poetica di gesta eroiche: ”…l’epica calcistica di autori come Eduardo Galeano e Osvaldo Soriano è stata esportata in tutto il mondo. Questi scrittori hanno saputo presentare il calcio per quello che veramente è, ossia una forma d’arte popolare. In questi autori c’e una naturalezza, una semplicità che manca del tutto negli scrittori europei. Che infatti, nel loro intellettualismo, hanno sempre snobbato il calcio’’

Due strade parallele, al centro di notevoli discussioni: calcio e letteratura rientrano apparentemente a due emisferi opposti. A volte, e per alcuni, coinciliabili. A volte inconciliabili. 

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