di Benvenuto Caminiti

Se abbiamo perdonato Giuda perché non possiamo farlo con Miccoli?

Leggo di un’ondata di vibrate proteste alla notizia che Mirri, per la partita con le Vecchie Glorie rosanero di lunedì prossimo, ha invitato anche il “Romario del Salento”, e io, per quanto ci provi, non riesco a spiegarmi – e tanto meno a condividere – tanto accanimento nei suoi confronti.

Che Miccoli, per dirla con Fantozzi, abbia commesso una boiata pazzesca, non c’è dubbio: le sue parole, intercettate nel corso di una telefonata, sono di una gravità imperdonabile e, infatti, io non gliele perdono. Tuttavia, Miccoli rimane Miccoli, ovvero il più forte attaccante-goleador della storia ultracentenaria del Palermo.

L’ho sparata grossa? Nient’affatto: si tratta di numeri e  i numeri non mentono mai.

Ma torniamo alle sua parole, anzi “alla” sua parola, quel “fango”, rivolto a Giovanni Falcone: un insulto così bestiale da risultare quasi irreale, se a pronunciarlo non è uno che conta nel contesto politico-sociale della città ma uno come Miccoli, ovvero un ragazzotto dalle scarse conoscenze,  assai prossime, al massimo, ad una sub-cultura da cortile. 

Dice: ma che c’entra il grande goleador con gli insulti a Falcone? 

Nulla … o quasi: la bestialità resta, anzi il fatto che l’abbia commessa, non uno qualunque ma un idolo del “popolo rosanero”, la rende ancora più odiosa… Eppure io non  riesco a spiegarmi, pur a distanza di anni,  tanto rancore. Anzi, peggio: un livore tale da aver marchiato a sangue l’ex capitano rosanero come si trattasse di un mafioso in servizio permanente attivo… E, se è così, perdonatemi la licenza, mi vien da ridere fino a scompisciarmi perché Miccoli mafioso proprio non riesco, pur accecato da cieco furore,  ad immaginarmelo. 

Qualcuno starà pensando che la mia tolleranza nei suoi confronti sia di natura… rosanero

perché sono un tifoso, ho adorato e adoro il Miccoli calciatore e capitano del Palermo, ma non è così. Ho tanto “mestiere” sulle spalle che altri, al mio posto, ne resterebbero schiacciati:  io so quando fare il tifoso e quando fare il giornalista. Lo so da sessant’anni ed  oltre, e non ho (quasi) mai sbagliato un colpo: la mia “tolleranza”, se così vogliamo chiamarla, verso Miccoli  ha solo motivazioni logiche e “umanitarie”, nel senso che una seconda chance si concede anche al peggiore cialtrone di questa terra. E Miccoli ha chiesto perdono e lo ha fatto pubblicamente, coprendosi il capo di cenere che, conoscendolo (tipo orgoglioso e tutt’altro che remissivo) gli avrà bruciato gran parte della zazzera rimastagli.

Io me lo ricordo bene quella mattina in conferenza stampa: oltre alle parole, intrise di vergogna miste a profondo pentimento, mi colpì il suo volto inondato di lacrime che, per quanti sforzi facesse, non  riusciva a trattenere. E ad un uomo così, che chiede perdono così, almeno un minimo di compassione glielo si deve. 

Ed oggi, a distanza di anni, ha l’occasione della vita: quella più volte inutilmente invocata di giocare un’ultima partita nel “suo “stadio e qualcuno, di memoria elefantiaca e cuore gelido, gliela vorrebbe negare perché in quell’intercettazione…  

E allora, a questo punto io dico e affermo che fargli calpestare per l’ultima volta l’erba del “Barbera” resta un gesto di umanità che consola,  prima che il beneficiario, chi lo elargisce.

3 Commenti

  1. Condanna ancora non definitiva perché non passata in giudicato, in attesa del ricorso per Cassazione, proposto dai difensori di Miccoli. E comunque, far giocare la partita di addio ad un campione come Miccoli prescinde da parole dette e presunti reati commessi.

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