Le società retrocesse dalla A, forti del paracadute, hanno un monte ingaggi a sei zeri, ma nonostante ciò i risultati non corrispondono al valore delle rose allestite. Il Crotone è la più la grande delusione, il Cittadella la solita sorpresa, nonostante il monte ingaggi più basso della categoria. Il nuovo format a 19 squadre, ha poi reso il campionato ancora più competitivo. Anche finanziariamente.

Come analizzato dal quotidiano città della spezia, le società retrocesse spendono e per adesso non raccolgono, con un monte ingaggi medio nella serie B a 19 squadre che sale notevolmente rispetto a dodici mesi fa. Quasi un milione e 300mila euro in più, è quanto potenzialmente ogni club potrebbe sborsare per gli stipendi dei propri calciatori in questo campionato. Un dato comunque parziale, risultato del mercato estivo e quindi passibile di cambiamenti tramite il mercato di riparazione. Ma i numeri danno l’idea di una serie B mai così competitiva grazie all’effetto combinato del paracadute e della riduzione delle partecipanti.

Se un anno fa il monte ingaggi lordo medio, era intorno ai 7,5 milioni di euro, oggi fa un balzo in avanti, arrivando ad 8,8 milioni. A guidare questa speciale classifica sono le big del campionato, vale a dire: Benevento, Palermo, Verona, Crotone e Cremonese, tutte con stipendi sopra i 10 milioni. I sanniti in particolare sfiorano i 16 milioni solo con gli emolumenti fissi, una cifra record che però contrasta con una posizione in classifica non all’altezza. Non stupisce che tra le prime cinque col monte ingaggi più alto, figurino quattro formazioni che hanno visto le loro casse rimpinguate dal paracadute garantito dalla Lega A. L’intrusa, è la Cremonese che ha messo mano al portafoglio in maniera decisa per poter accedere quantomeno ai play-off.

Ma il quotidiano guarda anche in casa Spezia, dove la rosa è stata profondamente rinnovata in estate, ed il monte ingaggi lordo è aumentato di mezzo milione rispetto alla precedente annata, toccando quota 5.446.765 euro. Balzo in avanti anche riguardo i premi, che un anno fa erano tra i più bassi della categoria (735mila euro) e oggi sono più che triplicati a 2.389.500 euro. I liguri passano dalla 17esima posizione alla nona, seguiti a ruota da Lecce, Venezia, Brescia, Pescara e Perugia tutte tra i 7.2 e i 7.8 milioni. Restando in tema di premi, ne fa un uso massiccio il Foggia (oltre 6 milioni) anche perchè, partendo da un pesante meno 8, è fondamentale motivare i giocatori sotto il punto di vista remunerativo. Anche la Salernitana attua una politica economica in cui i bonus legati al raggiungimento degli obiettivi, sono centrali: 5.2 milioni la cifra stanziata.

Ma a differenza della serie A e delle competizioni continentali, dove vince sempre chi ha più soldi e investe maggiormente, dalla serie B in giù, i primati economici non sempre corrispondono a quelli in classifica. L’emblema di tutto ciò è il Crotone, che perde dieci posizioni nel rapporto tra monte ingaggi (il quinto, superando i 10 milioni lordi) e punti conquistati sul campo: solo 12, in piena bagarre play-out. I calabresi si ritrovano nelle acque agitate in cui navigano Cosenza, Padova, Carpi e Livorno che però spendono meno della metà: tra i 3.5 e i 4.7 milioni. Ultimo ma non ultimo, il non più sorprendente Cittadella, che come lo scorso campionato, mantenendo il monte ingaggi più basso della categoria, (l’unico sotto i 3 milioni di euro) riesce a stare nelle primissime posizioni, a soli due punti dalla zona che vale la promozione diretta.

I veneti tra l’altro, non fanno mistero di voler puntare al bottino grosso ed è davvero bello che in un calcio dominato dai soldi, dal marketing, dalle tv e dal potere, in una serie importante come quella cadetta si possa costruire qualcosa d’importante pur senza grandi risorse a disposizione, ma con serietà, competenza e passione, come dimostra oggi la favola Cittadella e altre in passato (Chievo Verona su tutte). Il vero calcio oggi non è in serie A, non è Cristiano Ronaldo che va via dalla Spagna perchè condannato per evasione fiscale e viene a guadagnare 31 milioni netti l’anno (solo gli emolumenti da calciatore) e ad usufruire di una tassazione più che agevolata sui ditti d’immagine e su qualsiasi altro profitto, solo per fare qualche gol e qualche bella giocata contro avversari tramortiti già prima dell’inizio della partita, ma è rappresentato dalle favole come il Cittadella, che sono l’unica speranza che ha il calcio, di essere ancora uno sport.

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