Bergamo, la città italiana più colpita dal Coronavirus, sta vivendo da diverse settimane giorni davvero drammatici. Una esperienza terribile che vede coinvolti anche tantissimi palermitani che vivono e lavorano nella provincia bergamasca.

Abbiamo raccolto la testimonianza del palermitano Marcello Spataro, chimico farmaceutico, che da circa 30 anni vive a Casirate D’Adda, un paesino della bassa bergamasca di poco meno 4.000 abitanti.
Mi trovo esattamente al centro delle provincie di Milano, Lodi, Bergamo e Cremona. Anche nel paesino dove vivo ci sono stati diversi casi di Coravirus, 27 fino ad ieri mattina. C’è molta paura di essere contagiati, non sappiamo chi effettivamente lo sia, perché non a tutti vengono fatti i tamponi. Stiamo vivendo una situazione assurda. Credo che coloro hanno contratto il Coronavirus siano molto di più di quello che dicono le cifre ufficiali. Ma senza i test, non sappiamo il numero reale delle persone infette.”

Quando ti sei accorto che la situazione stava sfuggendo al controllo?
All’inizio il contagio da Coronavirus è stato preso alla leggera. Dopo che avevano chiuso i comuni del lodigiano, che sembrava una decisione surreale, benché i contagi continuassero a crescere, da noi non si prendevano misure restrittive. Ho capito che presto sarebbe scoppiata un’emergenza anche da noi. Il boom dei contagi si è innescato negli ospedali, in particolare nel piccolo ospedale di Alzano Lombardo, quando una persona affetta da Coronavirus si è recata al pronto soccorso ed ha contagiato una cinquantina di pazienti che si trovavano con lui nella saletta d’aspetto. Anche il calcio ha contribuito alla diffusione del virus. I centri commerciali erano pieni di persone che seguivano le partite dell’Atalanta ed è stato permesso a 45.000 persone di andare a San Siro per assistere alla gara con il Valencia. Ad aggravare il tutto è stato l’enorme transito di camionisti che trasportano merci in tutto il Nord. Era inevitabile che scoppiasse questa pandemia. Credo che questa crisi durerà molto a lungo. Adesso anche le case di riposo degli anziani sono stati colpiti dal contagio.”

Come stai vivendo questi giorni di restrizioni?
“Io e la mia famiglia siamo a casa, mio figlio lavora in smart working e mia moglie è in ferie. Ma tra qualche giorno dovrò tornare al lavoro. Per la spesa esce una persona per famiglia, l’ultima volta l’ho fatta io dieci giorni fa, la rifarò appena rientro in servizio. Lavoro a Treviglio, nella mia azienda produciamo farmaci tradizionali, ma ci siamo dovuti fermare per una settimana perché mancava il personale.

Qual è stato il momento più drammatico che hai vissuto?
“E’ stato terribile sentire il via vai delle ambulanze. Mi ricordavano quelle delle Forze dell’Ordine dei primi anni 80 a Palermo. Solo che qui il suono era continuo, senza sosta. Purtroppo trasportavano persone in gravissime condizioni, che poi morivano in ospedale. Ma l’immagine che non dimenticherò mai più è quella dei mezzi militari che trasportavano le bare. Nella mia vita non avevo mai visto nulla del genere. E’ stato un vero dramma, le persone sono morte da sole, senza nessun conforto. I parenti non hanno potuto dar loro nemmeno un ultimo saluto. E’ stata una scena terribile, che rimarrà per sempre nella mente di tutti coloro che l’hanno vista.”

Qual è la tua speranza?
“A Palermo c’è ancora la mia mamma, sono sceso giù l’estate scorsa e spero di rivederla presto. Il mio sogno è che quando tutto questo finirà si riesca per davvero ad unire l’Italia, il Nord ed il Sud. Vorrei una Nazione più giusta, più equa, dove più nessuno sia costretto a lasciare la propria Terra perché non c’è lavoro.”
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