E alla fine l’arbitro portò la partita dove voleva
Chiariamo subito una cosa: il risultato finale è giustissimo e probabilmente nessuna delle due squadre avrebbe meritato di prevalere sull’altra. Tuttavia, per quanto visto nei novanta minuti, se fossimo in un incontro di boxe, forse l’Avellino avrebbe vinto ai punti, non fosse altro che per le occasioni create dalle parti di Joronen, risultato non a caso il migliore tra i rosanero. Lo stesso non si può dire per il portiere dell’Avellino, rimasto quasi inoperoso.
Avellino-Palermo: l’analisi sull’arbitro Galipò
Senza entrare nel merito di una prestazione sicuramente inferiore alle precedenti — come confermano le scarse occasioni da gol — focalizziamo l’attenzione sull’arbitraggio, che definire mediocre è poco. Il signor Galipò di Firenze sbaglia quasi tutto quello che c’è da sbagliare: è esagerato nelle ammonizioni, risparmia probabilmente un secondo giallo a Bani che poteva starci e, infine, compensa il rigore (forse generoso) attribuito ai rosanero con un giallo eccessivo per un fallo veniale di Diakitè.
È come se l’arbitro si fosse reso conto che il rigore, poi trasformato da Pohjanpalo, non fosse così limpido e avesse cercato di rimediare. In breve: prima del rigore assegnato ai rosanero si era in parità numerica; dopo l’espulsione di Diakitè si torna in parità di organico. Sembra quasi che il direttore di gara abbia voluto ‘pilotare’ il risultato per riportarlo allo stato precedente ai suoi errori, il che non fa altro che peggiorare il giudizio complessivo sulla sua direzione.
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