I camini di Birmingham e i sogni di Palermo: nasce “The Powerhouse”
Be Bold, Be Birmingham. Sii audace, sii Birmingham. Lo slogan scelto dal club inglese per accompagnare il progetto del nuovo stadio sembra fatto apposta per raccontare la filosofia che c’è dietro “The Powerhouse”, il futuro impianto del Birmingham City.
Ma visto dalla Sicilia, e in particolare da Palermo, questo progetto è anche qualcos’altro: uno specchio in cui guardare le nostre ambizioni (e i nostri ritardi) sul tema stadi.
Nel cuore di Digbeth, uno dei quartieri simbolo della rigenerazione urbana della città, il Birmingham City sogna un impianto da circa 62.000 posti, pensato non solo per il calcio ma come vero e proprio motore – “powerhouse”, appunto – di un nuovo distretto sportivo e commerciale. Un progetto gigantesco, che punta a cambiare per sempre il profilo della città.
Dodici camini per raccontare una città
La prima cosa che colpisce del nuovo stadio è la scelta estetica: dodici enormi camini che sorreggono la struttura e diventano il segno distintivo dell’impianto. Non è un vezzo architettonico casuale: è un richiamo diretto al passato industriale di Birmingham, alle fabbriche, ai mattoni, alle ciminiere che un tempo riempivano il cielo di fumo.
Oggi, però, da quei camini non uscirà nulla: saranno ingressi e percorsi interni, con scale mobili che porteranno i tifosi nei vari anelli dello stadio. Il più alto di questi camini arriverà a circa 120 metri, diventando uno dei punti panoramici più spettacolari della città, con un percorso-esperienza sul lato nord per ammirare lo skyline di Birmingham dall’alto.
È un’idea forte, divisiva, che inevitabilmente farà discutere. In Inghilterra qualcuno ironizza già sui “camini”, i meme non mancheranno. Ma al netto delle battute, qui c’è una cosa chiara: si è scelto di costruire uno stadio-identità, che racconti la città prima ancora del club.
E qui, da Palermo, la domanda viene spontanea: noi, il giorno in cui avremo un nuovo stadio, saremo davvero pronti a legarlo alla nostra storia, alla nostra estetica, alla nostra cultura? O ci accontenteremo dell’ennesima “scatola” moderna ma senza anima?
Un nome che divide (ma fa parlare)
Anche il nome, “The Powerhouse”, non lascia indifferenti. A qualcuno piace, ad altri suona più come il titolo di una serie Netflix che quello di uno stadio di calcio.
Immaginate un domani i lanci delle agenzie: “Il Birmingham City cade 1-0 contro il Crystal Palace al The Powerhouse”.
Fa un certo effetto anche agli stessi inglesi, ma fa discutere, e questo – nel calcio moderno – è già un valore. È chiaro che, come ovunque, alla fine arriverà una sponsorizzazione e il nome sarà abbinato a un brand. Ma il concetto resta: uno stadio visto fin da subito come volano economico, non solo come luogo della partita.
Da noi, in Italia, è un tema che continua a far fatica a passare. Spesso ci si ferma allo scontro “nome storico vs nome commerciale”, mentre all’estero lo stadio diventa il cuore di un’intera operazione di sviluppo urbano. Birmingham sta provando a fare proprio questo.
Ambizione inglese, lentezza italiana
L’impressione, seguendo le parole del proprietario Tom Wagner e il clima che si respira attorno al progetto, è quella di una città che ha deciso di scommettere su se stessa. Il nuovo impianto rientra in un piano più ampio: un “Sports Quarter” con negozi, spazi per eventi, strutture sportive, collegato al centro con nuove linee di trasporto pubblico e pensato per lavorare tutto l’anno, non solo nei giorni di partita.
In Italia, Palermo compresa, il tema stadi sembra invece sempre avvolto da burocrazia, vincoli, rimpalli di responsabilità. Da anni si parla di impianti da rinnovare, progetti da rilanciare, occasioni da cogliere, ma il passo resta corto.
Nel frattempo, altrove, si ragiona di stadi da oltre 60mila posti, con camini panoramici e quartieri interi ripensati attorno al calcio.
Cosa insegna “The Powerhouse” a una città come Palermo
Guardando il render del nuovo stadio del Birmingham, un tifoso rosanero potrebbe pensare due cose opposte:
“È troppo, esagerato, lontano dalla nostra dimensione”
oppure“Perché noi no? Perché non possiamo immaginare qualcosa che, in scala, faccia lo stesso per Palermo?”
La verità sta forse nel mezzo. Palermo non è Birmingham, ha numeri diversi, esigenze diverse, una storia e un contesto unici. Ma una cosa accomuna le due città: il bisogno di crederci, di smettere di pensare allo stadio solo come a quattro tribune e un prato e iniziare a vederlo come un simbolo, un biglietto da visita.
I camini di “The Powerhouse” ci piacciano o meno, mandano un messaggio chiarissimo: Birmingham non vuole più essere solo la città di mezzo tra Londra e Manchester, ma una protagonista. La domanda, adesso, la giro direttamente a Palermo: il giorno in cui parleremo davvero di un nuovo stadio rosanero, sapremo essere altrettanto audaci?
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