Inzaghi: “Le aspettative mi caricano. Spero di essere all’altezza”
Durante la vigilia dell’Anglo-Palermitan Trophy, la gara amichevole giocata la sera del 9 agosto 2025 al Renzo Barbera tra Palermo e Manchester City, il tecnico del Palermo Filippo Inzaghi è stato intervistato da Ferran Soriano, amministratore delegato del City Group. Accanto all’ex attaccante, vi era anche il suo collega Pep Guardiola, che avrebbe allenato gli skyblues nella gara poi vinta da Haaland e compagni per 3-0.
A più di un mese dalla storica amichevole del Barbera, il Palermo ha pubblicato lo special talk tenuto dall’ad Soriano con protagonisti i due allenatori Inzaghi e Guardiola. Ecco le parole del tecnico rosanero.
Le parole di Inzaghi
Sulla serata e sul suo nuovo ruolo: “Emozionante essere qua, anche se nella mia carriera ne ho vissute tante. Con Guardiola mi lega una bella amicizia, parlare con il guru degli allenatori è bello. Uno l’ho in famiglia (Simone Inzaghi, ndr), l’altro l’ho accanto. Entrare a far parte del City Group è un onore. Spero di essere all’altezza col Palermo”.
La differenza tra giocare ed allenare: “C’è da imparare tutti i giorni. Da allenatore mi vengono i capelli bianchi tutti i giorni, da giocatore ne avevo qualcuno in meno. I pensieri erano diversi, era più semplice fare il giocatore. Quando lo fai come l’abbiamo fatto noi, in maniera seria, ho sempre pensato che potessi ottenere i risultati che volevo. Bisogna sempre sognare per raggiungere i traguardi, ma poi bisogna far fatica. Avendo le doti che Madre Natura mi aveva dato poi potevo raggiungere questi traguardi. Il mio percorso da allenatore è stato tortuoso, ricco di soddisfazioni e di periodi complicati, ma è molto gratificante farlo. Io lo faccio per fare amare ai miei giocatori questo sport meraviglioso. Io mi reputo molto fortunato. A volte i giovani hanno un talento che neanche loro conoscono e lo buttano via per sciocchezze. Io faccio l’allenatore per questo: facendo capire ai ragazzi che con la dedizione e il lavoro si possono raggiungere dei sogni”.
Sulla gestione delle aspettative: “Non mi sarei mai aspettato un’accoglienza del genere, le aspettative mi caricano. Quando so che si aspettano tanto da me, mi carica. Mi rifugio nel lavoro: quando vado a casa con la coscienza pulita, quando so di essere stato il primo esempio per il mio staff. Le aspettative non mi hanno mai spaventato, se uno dà il massimo bisogna anche accettare quello che sarà il verdetto del campo. Noi abbiamo la fortuna di avere giocatori e società importanti, così i risultati arrivano”.
Una carriera da allenatore in rampa di lancio
Sulla preparazione della partita: “Noi cerchiamo di preparare la partita in tutta la settimana. Cerchiamo di capire cosa possiamo fare noi e cosa l’avversario. Sono d’accordo con Pep, sono i giocatori a fare la differenza. Noi a volte pensiamo di inventare calcio: Pep ci è riuscito (ride, ndr). La bravura di un allenatore è quella di trovare il vestito giusto per la squadra che ha, mettere i giocatori nelle condizioni e fare meno errori possibili. Quando i giocatori saranno bravi ad accettare i nostri errori e noi a capire che gli attori protagonisti sono loro, la squadra potrà fare anche buone cose”.
Sul ruolo di allenatore: “Soprattutto nelle sconfitte, noi allenatori ci sentiamo soli. Voi invece avete fatto sentire l’allenatore protetto, ed è una cosa che mi ha spinto a venire qui. Avevo visto questa cosa dall’esterno e l’avevo percepita. Gli allenatori bisogna farli lavorare e poi fare delle scelte. Sappiamo che a volte siamo condannati dai risultati. Io non mi sono mai sentito solo, ho uno staff sempre al mio fianco, ho la mia famiglia, ho dei dirigenti. Penso solo a fare il mio lavoro”.
Una filosofia chiara a prescindere dal risultato
Sulle sconfitte: “Vivo molto male la sconfitta, non ho mai parlato alla squadra se non in casi specifici dopo la gara. Dopo non siamo lucidi, non voglio che parli nessuno perché a fine partita abbiamo gli animi sottosopra se è andata male. Preferisco riguardare la partita, dalla panchina a volte vediamo ben poco e ci diamo giudizi negativi. A fine partita cerchiamo sempre di salutare gli avversari e di rendere loro onore perché ci sta, bisogna accettare di perdere. Quando perdo vorrei giocare dopo due o tre giorni ed invece dobbiamo aspettare una settimana. Se gli avversari saranno più forti è giusto stringergli la mano”.
Su cosa resta dopo una sconfitta: “Penso che dobbiamo essere bravi nella sconfitta a non cercare troppi alibi. Dobbiamo metterci in discussione, dopo sconfitte o insuccessi personali. Nell’ultimo anno Pep non ha vinto trofei, non per questo non è più il numero uno. Ogni volta che ho alle spalle una società ed una squadra forte, ho ottenuto i risultati. Noi allenatori dobbiamo avere questa fortuna ed essere bravi a rendere al meglio. La mia carriera da allenatore non è paragonabile a quella di Pep, ma il confronto con il mio staff mi dà modo di vedermi migliore come tecnico rispetto a qualche anno fa”.
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