Faggiano, l’Ismett di Palermo gli ha salvato la vita
Daniele Faggiano, ex direttore sportivo del Palermo e attuale ds della Salernitana, si è raccontato in una lunga intervista rilasciata al La Gazzetta dello Sport. Faggiano si è concentrato particolarmente su un episodio doloroso della propria vita, e ha sottolineato quanto l’intervento dei dottori dell’Ismett di Palermo sia stato decisivo. Ecco di seguito le sue dichiarazioni.
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Le dichiarazioni di Faggiano
L’incidente di Faggiano: “In autostrada, a San Benedetto, stavo andando a Modena e mi sono rotto due vertebre. Però sono uscito dall’ospedale firmando, contro la volontà dei medici. E una volta a casa, mio padre e mio suocero mi hanno rimandato a farmi vedere. Avevo dei valori sballati, ho fatto controlli su controlli e non andava bene. I medici erano preoccupati, hanno capito che il fegato non funzionava. Così ho cominciato a girare gli ospedali, sono stato ricoverato a Torino e Ancona. La dieta è stata la prima cosa, poi ho fatto altre cure e preso medicinali, pensavo di guarire così. Sì parlava di trapianto, ma non era urgente”
L’Ismett di Palermo
Poi l’estate 2024 a Catania: “Non stavo bene e dopo la partita a Biella con la Juve Next Gen sono stato male. Grazie al dottor Ciampi dell’ospedale a Catania abbiamo capito la situazione e mi ha mandato all’Ismett a Palermo dal dottor Gruttadauria che ha preso in mano la situazione. Prima mi hanno fatto un piccolo intervento, poi è diventato urgente il trapianto. Il 19 dicembre ero a cena con i miei genitori e mister Toscano, è arrivata la telefonata: entro tre ore dovevo essere a Palermo per il trapianto”.
I momenti bui: “Un calvario, pensavo di non uscirne. Momenti bui, non li auguro a nessuno. Sono stato 100 giorni in ospedale, avevo vicino mia moglie Giorgia e i miei genitori, la mia forza. Come il Catania, da Pelligra e Grella a tutti i tifosi. E gli infermieri, diventati come fratelli: solo per portami in bagno, facevano una fatica enorme. Ho provato dolore, rabbia. Una volta non capivo perché negli ospedali le finestre sono chiuse, me ne sono reso conto quando volevo aprirne una e scappare. Ma pensavo alla famiglia, alla bambina, agli amici veri che hanno sofferto con me e mi sono sempre vicini: sono venuti a trovarmi Perinetti, Ausilio e Baccin, poi giocatori come Torregrossa e Inglese”.
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