davide vigore regista

Questo mestiere, oggi, si fa anche grazie alla tenacia e all’insieme di reti che ognuno si riesce a costruire. E Davide Vigore, regista e sceneggiatore ennese classe 1989, lo sa bene.

Davide inizia a studiare regia nel 2012 al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma e nel 2015 gira il film documentario ‘Fuorigioco’, che vince il Premio Doc/it e i DocUnder30 (Miglior Film e Miglior Regia) e ottiene la Nomination al Ciak d’Oro. Nel 2016 con La Compagna Solitudine è finalista al Bellaria Film Festival. Nel 2016 La Viaggiatrice, viene selezionato e presentato in concorso alla 73° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – sezione MigrArti, vince ai Nastri d’Argento 2017 e selezionato al 70°Festival di Cannes – Sezione Short Film.

Il suo ultimo film è La Bellezza Imperfetta, presentato anch’esso durante la 76°Mostra Internazionale del Cinema di Venezia in concorso ufficiale a Giovani Autori Italiani (GAI) ed è vincitore del Premio Leone (2019). Nel 2020 è fondatore di YouMovie, il primo portale streaming al mondo interamente dedicato al cinema d’autore indipendente.

Palermo, 7 calciatori tornano negativi: la situazione

Il centro sperimentale di cinematografia è sicuramente il centro più importante d’Italia per svolgere gli studi inerenti al mondo del cinema. Molti ragazzi tuttavia non riescono ad entrare e scelgono di intraprendere delle carriere da autodidatti. Quanto è stato importante, invece, nella tua formazione?

“Il Centro Sperimentale è un’ottima scuola, forse la migliore d’Italia. Però non è assolutamente l’unica sede per diventare un regista. Per me è stata utile perché io tutto sommato volevo fuggire da Enna. Sono cresciuto con questo sogno di fare il regista in un piccolo paesino come quello di Enna e quindi giravo attraverso la ‘forma della minaccia’. Dicevo ai miei amici: ‘se non girate con me il cortometraggio, la festa in campagna da me salta’. Insomma attraverso la mia tenacia riuscivo a convincere i miei amici a fare qualcosa con me. Però ad Enna non avevo alcun interlocutore ed anche la città non era stimolante.

Io sono andato via perché volevo vivere in un’altra città e volevo stare a contatto con persone che come me avevano la mia stessa passione e il mio stesso sogno. Infatti la mia formazione principale si è basata sulle esperienze che ho maturato con i miei compagni di banco e i miei compagni di classe. Ad esempio Giovanni Rosa, mio ex compagno di banco e oggi mio produttore. Così come Riccardo Cannella che è oggi il mio montatore.

La formazione è stata importante perché si è creato un gruppo di lavoro che lavorava 24 ore su 24 sia a scuola che successivamente anche a casa, spesso la mia, dove ci trasferivamo dopo la scuola e dove continuavamo ad occuparci di cinema. Avevo comprato un proiettore e imbiancato una parete dove proiettavamo sempre film. La formazione è stata importante perché ha permesso di creare questo legame con gli amici ed anche perché il contatto ed il confronto con alcuni docenti è stato utile’’.

Tanti premi nella tua giovane carriera ma con ‘Fuorigioco’ un successo probabilmente inaspettato. Quali – secondo te – gli aspetti che sono piaciuti maggiormente del documentario?

“Credo che ‘Fuorigioco’ sia il documentario che mi ha lanciato perché è un lavoro per molti versi sincero e anche un po’ sgangherato. Cioè è un film che ho fatto velocemente senza pensarci molto, un film che ha raccontato molte delle mie paure: cosa c’è dopo il successo? Cosa c’è quando si infrange un sogno? È un film che ho fatto con una carica emotiva molto alta. E’ anche un film molto intimo nel senso che è stato girato con una troupe minima di 5 persone.

Ora i miei film stanno diventando sempre più complessi, ci sono dei carrozzoni con tantissime persone in troupe e con moltissime figure preparate. Anche perché ci sono molti più soldi in ballo e quindi è tutto più strutturato. Mentre ‘Fuorigioco’ mi ha dato quella possibilità di fare un film sincero, violento, autentico, senza schemi. E poi credo che la storia di Maurizio sia una storia unica, universale nelle corde ma unica nel suo genere. Quando nei grandi festival è arrivato questo lavoro di un giovane regista 24enne assolutamente sconosciuto che fino a quel momento non aveva fatto niente di importante secondo me è stato un aspetto che ha colpito’’.

A Cannes conosci il maestro Paolo Sorrentino, che ti porterà con sé nel set di Loro 1 e 2.

 

“A Cannes l’ho conosciuto per caso perché lui era in giuria ed io fuori concorso con un cortometraggio. Per me Sorrentino è sempre stato un punto di riferimento, a tal punto da avere i poster a casa. Non ebbi mai il coraggio né di presentarmi né di fare nulla.

Però quando lui dichiarò di voler fare quel film (Loro 1 e 2) mi è venuto in mente che forse era bello poter fermarsi e stare accanto al più grande regista che abbiamo in Italia e allora presi coraggio e tentai in qualsiasi modo di poterlo incontrare.

Ma chiaramente non c’era modo, anche perché qualche amico che lo conosceva mi disse che era inaccessibile. E allora siccome penso che per fare questo mestiere bisogna essere ottusamente tenaci presi un aereo e andai alla sede della Indigo Film, la sua casa di produzione. E citofonai. Usai una bugia che vorrei definire una ‘bugia bianca’, dichiarando di essere un docente del Centro Sperimentale di Cinematografia e che avevo un incontro col produttore Nicola Giuliano.

Con molto scetticismo mi hanno fatto entrare e, tuttavia, non mi hanno ricevuto. Sono stato 5 ore seduto sul divano ad aspettare questo incontro che non avvenne. Dopodiché ogni giorno per 5 giorni andai alla Indigo Film sperando di fare questo incontro con Nicola Giuliano.

Poi per caso, per fortuna, l’ultimo giorno ero giù al bar a prendere un caffè con Piero Messina che è un regista e che lavora con Giuliano e mentre parlavo con lui entrò proprio Nicola Giuliano.

Parlammo, lui mi propose un incontro, ma io a quel punto svelai le carte dicendo che ero lì solo perché volevo fare l’assistente di Paolo Sorrentino.

Mi disse che era quasi impossibile ma mi promise di farmelo conoscere. Finalmente incontrai Paolo, parlai un po’ con lui e ci trovammo abbastanza bene: è stato sempre molto affettuoso e carino con me. Poi mi fece una domanda: ‘Vigore qual è il film che tu avresti voluto fare nella storia del cinema? Da questa domanda ti assicuro che prendo in considerazione l’idea di poterti prendere in squadra’.

Tutto questo avvenne all’interno di un ascensore. Risposi con una battuta di un film che sapevo essere il suo preferito: ‘…le gambe delle donne non sono altro che dei compassi che servono per misurare la circonferenza del mondo’, Francois Truffaut.

Lui mi disse: ‘E’ anche il mio, è anche il mio! Allora ci penso e ti faccio sapere’.

Passarono una decina di giorni, tornai in Sicilia e chiaramente non si fece vivo nessuno. Poi durante un pranzo mi arrivò una telefonata ed era l’aiuto regista di Paolo Sorrentino, Daniele Bertoni. Mi disse che Paolo voleva incontrarmi il prima possibile. L’indomani ho preso il primo volo disponibile, andai a Roma ad incontrare Paolo e da li iniziò l’avventura. Un anno bellissimo’’.

 

Quanto, nelle tue opere, c’è della tua terra? Enna e la Sicilia?

 

“La mia non è una ricerca scientifica accurata, quando scrivo i miei film o libri racconto cose che mi riguardano, così come anche persone a me care o situazioni che ho vissuto.

Avendo vissuto per quasi 30 anni in Sicilia è chiaro che la mia visione è condizionata da questa terra. Sulla costruzione dei personaggi sono debitore ad Enna perché io ero una persona che, seppur attiva nel mio ‘paesino’, in realtà frequentava sempre una continua solitudine. In questo senso sono debitore ad alcuni personaggi che continuano a camminare senza meta e sognano qualcosa o rincorrono qualcosa e su questo credo di essere debitore ad Enna.

A Palermo devo invece tutte le mie visioni barocche, la bellezza imperfetta. Palermo continua a influenzare enormemente la mia visione. Pur non essendo palermitano e vivendo a Roma quello che faccio si riallaccia continuamente ad una certa palermitanità’’.

 

Come nasce e come procede il lavoro con YouMovie, il primo portale streaming al mondo interamente dedicato al cinema indipendente?

 

YouMovie nasce durante l’inizio della pandemia, nel 2020. Tendenzialmente perché era da poco uscito il film ‘La bellezza imperfetta’ che era andato benissimo. Girando da Venezia a diversi festival o eventi culturali per questo tipo di cinema che è il cinema indipendente, il cinema d’autore. La pandemia ha completamente annullato tutti questi palcoscenici possibili per mostrare i film e ciò mi ha fatto capire ancora di più quanto questo cinema indipendente sia in crisi perché non ha, aldilà dei Festival, occasioni particolari. Perché ho capito come non esista uno spazio interamente dedicato a questo tipo di film e questo tipo di prodotto.

E allora, visto che avevo preso un finanziamento per realizzare un Festival del cinema in Sicilia che chiaramente era impossibile fare vista la pandemia, ho pensato di cambiare progetto e chiedere alle istituzioni finanziatrici il permesso di creare una piattaforma dare la possibilità a questi film di avere un pubblico e di fare rete. All’inizio è stata un po’ una scommessa.

E quando l’abbiamo lanciata abbiamo subito coinvolto grandi autori come Garrone, Roberto Andò e Pietro Marcello. La nostra idea era proiettare anche i loro primi film indipendenti. L’abbiamo fatto il 22 marzo del 2021 e abbiamo fatto bingo perché nel primo mese abbiamo registrato quasi 11 mila iscritti. Questo ci ha fatto capire che la strada era giusta. Ora ovviamente stiamo cercando di far crescere YouMovie, renderlo più strutturato e prendere accordi con alcuni distributori. Siamo all’inizio del lavoro ma crediamo veramente che può diventare la prima piattaforma in Europa che tratta cinema d’autore, cinema indipendente e cortometraggi’’.

 

Come sta cambiando e se, sta cambiando, il modo di fare cinema indipendente in Italia?

“Non c’è un mercato per il cinema indipendente. Non si può parlare di ‘crisi’, proprio perché non c’è un mercato. E’ come se oggi nel cinema mancasse una fascia intermedia. O ci sono gli amatori che mettono i propri film su YouTube o fanno proiezioni private, in qualche sala della propria città, oppure c’è il segmento dei grandi che vanno su Netflix, Sky o Amazon. Manca un settore di mezzo di quei film che non riescono ad accedere a grandi finanziamenti o alla grande distribuzione che però hanno tanta qualità. Ci sono dei cortometraggi che hanno anche vinto il Globo d’Oro o dei documentari che sono stati selezionati in diversi festival internazionali. Però questi documentari o questi corti, oltre i festival, non hanno visibilità. Non ci sono distributori perché non li compra nessuno. Sarebbe importante costruire un mercato per questo segmento’’.

I tuoi prossimi lavori?

“Per il momento sono molto concentrato su ‘Fuorigioco’, è uscito il romanzo e sta andando molto bene. Adesso vorrei farne un film di finzione, sto finendo di scrivere la sceneggiatura. Voglio fare un adattamento cinematografico che, chiaramente, prende spunto da quel documentario che avevo realizzato quando ero al Centro Sperimentale. Sono in contatto con alcuni produttori che hanno mostrato interesse, purtroppo però il periodo è quello che è. Tutti vanno molto cauti’’.

 

 

Adesso sarai protagonista, giorno 13-14-15 gennaio, di un Workshop con Daniele Ciprì.

“Sono convinto che sia di fondamentale importanza. Innanzitutto perché c’è il maestro Ciprì, avanguardia – insieme a Maresco – del cinema italiano.

Poi nei workshop, aldilà delle nozioni e strumenti che si possono acquisire, si fa gruppo.

Ad esempio, quando io ne ho fatto uno due anni fa sempre a Palermo, si sono creati poi due gruppi che hanno fatto due film. Questo è un mestiere che se fai da solo è difficile. Se crei un gruppo trovi una spinta vitale, conosci chi come te ha la tua stessa passione, scambi idee.

E’ un mestiere che si fa anche grazie al saper fare rete, e i workshop secondo me devono servire anche e soprattutto a questo’’.

 

LEGGI ANCHE

Palermo, Castagnini: “A gennaio difficile fare mercato, tengo stretti i miei”

Avellino, nel mirino un attaccante del Bari

Palermo, da Acquah a Bamba: la storia della Coppa d’Africa a tinte rosanero

SEGUICI SU FACEBOOK | INSTAGRAM | TWITTER

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui