La Stampa locale di oggi (GdS – B.Giardina), da lo spunto per alcune riflessioni ed analisi proprio nei giorni di calciomercato invernale in cui i giovani rosanero sembrano essere gli unici potenziali partenti.
C’era una volta il Palermo dei Picciotti ed ora non c’è più. Per la verità quando c’è stato è successo solo per motivi di budget, per esigenze societarie, non altro. Era il Palermo di Arcoleo, siamo alla metà degli anni ’90. Ma durò poco.
Poi un insieme di stranieri, spesso illustri sconosciuti e davvero mediocri. Quest’estate in ritiro sembrava che la storia potesse ripetersi ed anche qui per motivi economici e non per scelta tecnica. Prima che il mercato estivo chiudesse, sembrava che i vari Mazzotta, Fiordilino, Accardi, Pirrello e Lo Faso dovessero costituire l’ossatura del nuovo Palermo, costruito solo per sopravvivere in serie B.
Poi tutto cambiò, restarono i big e per i giovani palermitani fu panchina.
Nella squadra più palermitana dell’era Zamparini, il Palermo dei Picciotti non funziona dunque. Per la verità non ha mai funzionato, in qualunque era.
Non c’è mai stata una grossa tradizione di giovani autoctoni in prima squadra. e raramente la Primavera ha portato ragazzi in prima squadra e questo non certo per motivi tecnici o di demeriti dei nostri palermitani che spesso nulla hanno avuto da invidiare a mediocri stranieri. Una volta, parlando con un esperto dirigente del settore, si è avuta conferma del perché: in questo calcio moderno i giovani provenienti dai settori giovanili non creano plusvalenze e non sono utili ai bilanci. Ecco perché. Ne è un esempio lampante la Primavera dello scudetto del giugno del 2009 che successivamente non portò nessuno in prima squadra. Quindi non stupiamoci troppo se i vari Accardi, Lo Faso o Fiordilino devono andare altrove per fare esperienza: è la logica di questo calcio.
Ed è un peccato perché il giovane del posto non è utile soltanto tecnicamente ma crea quel senso di appartenenza che è una delle tante cose che mancano al calcio moderno.
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